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Le inchieste di Pepè Catricalà

Ausiliario del traffico

 

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IL COLLEZIONISTA

 

La voglia di uscire, con quel freddo, proprio non ce l'aveva. Il comando dei vigili era caldo e stare seduto davanti al PC, sorseggiando un te bollente chattando con gli amici, era molto più interessante che multare macchine in divieto di sosta, per di più al gelo.

“Catricalà!!!” urlò Carlo Chiricò, Comandante dei Vigili.

Pepè, che aveva riconosciuto la voce, cercò maldestramente di chiudere la schermata del PC ma, come succede di solito, il mouse va dappertutto tranne dove vorremmo noi. Il comandante vide quella sfilza di foto e chiese:

“Chi stai cercando!”

“Qualche amico.” Rispose con aria sommessa Catricalà.

“Tra i pregiudicati?” Ribatté Chiricò.

Catricalà rimase inebetito, solo qualche istante dopo capì che il Comandante, non avendo nessuna dimestichezza con le nuove tecnologie, aveva creduto che Facebook fosse il nuovo archivio dei pregiudicati.

“No, è che io...” Non fece in tempo a finire la frase che il comandante lo interruppe.

“Va bè, va bè....Corri in via Marconi, c'è stato un incidente”.

Catricalà tirò un sospiro di sollievo, aveva evitato di dare spiegazioni sul fatto che stava cazzeggiando in servizio.

 

Fuori il vento di tramontana penetrava nelle ossa, l'unico aspetto positivo di quella temperatura era che faceva bene ai salumi appesi a stagionare nelle case.

Era quasi arrivato sul posto quando una folata di vento gli fece volar via il berretto, cominciò a rincorrerlo lungo un vicolo laterale fino a quando non si fermò nei piedi di un uomo steso a terra. Catricalà si assicurò che fosse vivo dopo di che cercò di farlo rinvenire. L'uomo cominciò a riprendersi lamentando dolori al capo. In effetti aveva ricevuto un colpo. Chiamò un'ambulanza e poi avvisò il maresciallo Rapisarda, lo avrebbero interrogato dopo, in ospedale.

 

L'uomo si chiamava Sergio Colombo, nato a Milano, di professione rappresentante di bulloni.

Dopo aver ricevuto le prime cure, il Maresciallo Rapisarda e Catricalà cominciarono a fargli qualche domanda.

“Sig. Colombo, ci racconti cosa è successo.”

“Ero appena uscito dalla ferramenta L'Atelier dell'incudine e dopo aver girato l'angolo ho sentito un forte dolore alla testa e sono svenuto”.

“Le manca qualcosa: soldi, preziosi, documenti.” Chiese Catricalà.

“No...direi di no – rispose non molto convinto e dopo una pausa aggiunse – cioè…si una cosa mi mancherebbe.”

Rispose con voce imbarazzata, come se cercasse il coraggio di continuare.

“Cosa?” chiese il Maresciallo

“Mi vergogno un po’ a dirlo ma mi manca il...parrucchino!”

“Cosa? Il parrucchino? Si spieghi meglio.” Aggiunse Catricalà.

“C'è poco da spiegare, solitamente porto un parrucchino per nascondere la mia calvizie e quando mi sono svegliato non l'avevo più.”

“Ma quando io l'ho trovata stesa a terra era già senza parrucchino. E' possibile che le sia volato via a causa del vento”. Disse Catricalà.

“No, perchè uso quello che si incolla al capo con un particolare adesivo, resistente al vento. Non c'è altra spiegazione, qualcuno me lo ha staccato”. Rispose Colombo.

“E io che pensavo che quella irritazione in testa fosse dovuta al colpo che le hanno dato”. Disse il Maresciallo.

“No, l'adesivo a volte mi provoca questi arrossamenti che curo con una pomata”. Rispose Colombo.

 

Il Maresciallo e Catricalà lasciarono l'ospedale increduli, quell'uomo era stato aggredito, apparentemente, per il furto di un parrucchino. A raccontarlo in giro si rischiava di esser presi per matti.

 

La sera Catricalà, mentre si gustava una pizza insieme a Martina, la sua fidanzata, non resistette alla voglia di raccontarle la strana storia di Colombo, quella bizzarra aggressione. Mentre ridevano a Martina venne in mente un articolo che aveva letto, alcuni giorni prima, su un quotidiano locale.

“Parlava di un’aggressione ad un uomo senza una gamba a cui era stata rubata la protesi”. Disse Martina

“Vuoi dire che a quest'uomo è stata rubata solo la protesi e nient'altro?” Chiese Catricalà.

“L'articolo parlava solo della protesi, non so dirti altro”. Aggiunse Martina.

 

Catricalà dormì male quella notte, non faceva altro che pensare a questi strani casi.

 

Il giorno dopo, appena giunto al Comando, cercò di risalire alla notizia che gli aveva raccontato Martina e, con grande stupore, scoprì che quello non era stato un caso isolato. C'erano state altre aggressioni: ad un uomo era stato rubato un occhio di vetro e ad una vecchietta la dentiera, non gli era stato rubato altro e tutti erano stati tramortiti con un colpo in testa. I casi erano quattro, aggrediti alla stessa maniera e privati di beni diciamo “simili”. A questo punto si poteva parlare di un aggressore “Seriale”.

 

Catricalà contattò tutte le vittime. Fece loro delle domande ma personalmente non avevano niente in comune. Erano persone diverse in tutto: età, sesso, paese; l'unica cosa che le accomunava era l'oggetto rubato, erano tutte protesi. Per questo il primo pensiero di Pepè fu all'ambiente ospedaliero, ma nessuno di loro si era rivolto alla stessa clinica e poi c'era il Sig. Colombo, il parrucchino non richiedeva interventi medici.

Questa storia era un vero enigma.

L'unica cosa chiara era che si aveva a che fare con un malato di mente. Ma questo non aiutava le indagini, quanti serial killer si nascondono dietro a delle persone “normali”?

Pepè leggeva e rileggeva tutti gli appunti presi, cercava un legame, qualcosa che unisse almeno due degli aggrediti. Diciamo uno “straccio di traccia” da seguire. Le vittime non potevano essere state scelte a caso, l'aggressore andava a colpo sicuro, sapeva delle loro imperfezioni fisiche. Quindi un legame fra di loro doveva esserci.

 

Decise di andarsene a casa, doveva azzerare la mente, troppe ipotesi lo distoglievano da una valutazione obiettiva del caso.

Usci dal comando che era buio, il vento gelido continuava a soffiare imperterrito, era quasi arrivato sotto casa quando un pezzo di ciaramiedu*, staccato dal vento, lo colpì in testa. Senti un dolore fortissimo, entrò in casa e si mise del ghiaccio sul bernoccolo. Aprì la valigetta del pronto soccorso e mentre cercava qualcosa da usare sulla ferita si fermò improvvisamente! Gli ritornò in mente una frase a cui inizialmente non aveva dato importanza: “l'adesivo a volte mi provoca questi arrossamenti che curo con una pomata” detta dal Sig. Colombo. In quel preciso istante capì cosa potessero avere in comune le persone aggredite. Si precipitò al comando, ricontrollò gli appunti, e dopo aver telefonato alle vittime trovò ciò che li accomunava: la farmacia!!!

Tutti, per i loro difetti fisici, avevano dovuto comprare dei farmaci e tutti, almeno una volta si erano rivolti alla stessa farmacia, la Gagliostro.

 

Chiamò il Maresciallo e gli spiegò cosa aveva scoperto. Il titolare della Farmacia era il Dott. Gagliostro, quarantenne, sposato, senza figli, persona e marito esemplare.

“Non abbiamo uno straccio di prova concreta, come possiamo accusare una persona stimata?” disse il Maresciallo

“E' vero – rispose Catricalà – non ci rimane che bluffare!”

 

Appena il Dott. Gagliostro vide entrare in farmacia Rapisarda e Catricalà si mise sulle difensive:

“Cosa volete?”

“Dott. Gagliostro la dichiaro in arresto per aggressione aggravata.” Esordì con voce autoritaria il Maresciallo, lo scopo era di impaurirlo.

“Perchè? Non ho fatto niente!”

Non gli diedero il tempo di aggiungere altro, Catricalà mise sul bancone le foto degli aggrediti ed urlò:

“Abbiamo dei testimoni oculari che l'hanno vista aggredire queste persone. Ha ancora il coraggio di dire che non ha fatto niente?!?!”

Il Dott. Gagliostro scoppio in lacrime e cominciò ad urlare:

“Loro possono avere una protesi per i loro difetti fisici, perchè io no?!”

Catricalà ed il Maresciallo si guardarono increduli, era chiaro che qualche problema fisico ne aveva minato l'equilibrio psichico.

Il Maresciallo, con un tono persuasivo, rispose:

“Dott. Gagliostro, la medicina ha fatto passi da gigante, non so qual è il suo problema ma una protesi esisterà!”

“Si? Allora me la trovi lei una protesi per un testicolo perso in un incidente di caccia!” rispose Gagliostro.

“Come dargli torto!” Concluse perfido Catricalà.

 

 

*Tegola

N.B. La storia, i nomi e i personaggi sono interamente INVENTATI!

 

30 gennaio 2009

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