Le
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Fuga di quasi mezzanotte
Quando uscì di casa, Catricalà, capì che la
giornata non sarebbe stata delle migliori. Già era
lunedì e questo bastava a farla iniziare male, in
più il tempo era a paposcia*. Quelle giornate
grigie, con la pioggia che sta lì appesa, che forse
verrà, ma non si sa. Che ti fanno portare
l’ombrello, ma che alla fine quasi sicuramente non
ti servirà, ma dovrai comunque portartelo dietro
perché non si sa mai, rischiando anche di
dimenticarlo da qualche parte. In tre parole:
giornata di merda!
Decise di passare dal bar Atteritano, prima
di andare al lavoro. Gustarsi un caffè insieme
all’amico Raffaele forse gli avrebbe un po’
addolcito il pessimo inizio di giornata. Ma anche
questo si rivelò un buco nell’acqua. Raffaele non
c’era ed al suo posto c’era la madre, una
scassapalle di prim’ordine. Pepè non la sopportava,
da sempre. Da quando, ancora bambino, andava a
giocare a casa di Raffaele e Lei non li lasciava
giocare in pace rimproverandoli in continuazione.
E Raffaele? Dorme ancora? - chiese
Catricalà.
Magari - rispose la signora Atteritano - è
da ieri, quasi mezzanotte, che non lo vedo, abbiamo
avuto una discussione, è uscito sbattendo la porta e
non l’ho più rivisto.
E come ti sbagli? Gli avrà talmente rotto
le palle da farlo scappare. - pensò Catricalà senza
fare intuire niente alla signora.
Vedrà che appena gli sarà passata tornerà -
disse catricalà, anche per tranquillizzarla. Uscì e
se ne andò al lavoro.
Nel pomeriggio, a fine turno, ripassò dal
bar per vedere se Raffaele fosse ritornato, ma
quando vide la madre in ansia perché non aveva
notizie del figlio anche Catricalà cominciò a
preoccuparsi.
Raffaele era solito a queste sfuriate con
la madre ma non era mai sparito per così tanto
tempo. Decise allora di farsi un giro nei posti che
di solito frequentavano quando uscivano insieme. La
cosa si rivelò un buco nell’acqua, di Raffaele
nemmeno l’ombra.
Aveva provato più volte a chiamarlo sul
cellulare, sin dal mattino, ma risultava sempre
spento. Era chiaro che, o gli era successo qualcosa,
o non voleva farsi trovare dalla madre. Naturalmente
Catricalà propendeva, sperava, per la seconda
scelta. Poi perché andarsene in giro a quell’ora,
con quel tempaccio, sarebbe stato più normale, dopo
aver litigato, andarsene a dormire a casa sua.
Raffaele non viveva con la madre, abitava in un
appartamentino a poche decine di metri, la giusta
distanza che consentiva alla madre di andargli a
sbrigare le faccende di casa e a lui di andare a
mangiare da lei tutte le volte che ne aveva voglia.
Solo in teoria viveva da solo, in pratica era sempre
con la madre.
Mentre ripensava a queste cose, incontrò un
amico comune. Alla domanda se avesse visto Raffaele
questi, inaspettatamente, rispose di si.
“Si, l’ho visto ieri sera, era quasi
mezzanotte. Mi sembrava di cattivo umore tant’è che
non ha risposto al mio saluto, però non so dove sia
andato. A quell’ora ho visto in giro anche Micu
Fragalà, chiedilo a lui, forse l’ha visto.”
Catricalà lo ringraziò e si diresse subito
a casa di Fragalà. Abitava in via Cesare Battisti
nella ruga** di Castellaci, il centro storico del
paese. Suonò il campanello più volte ma non rispose
nessuno, appoggiando la mano sulla porta si accorse
che era solo accostata, l’aprì ed entrò.
Cominciò a chiamare dapprima Micu e poi
Raffaele ma nessuno rispose. Fece il giro delle
stanze a piano terra in un silenzio inquietante,
salì le scale, nella prima stanza in cui entrò c’era
un letto matrimoniale disfatto, sul comodino delle
riviste di elettronica ed un foglio con degli
schizzi a matita di fili elettrici collegati. Uscì e
proseguì il sopralluogo, continuava a chiamare più
per darsi coraggio che per la reale convinzione di
avere una risposta. La seconda stanza era chiusa,
spinse la porta e con sorpresa vide Raffaele legato
ed imbavagliato ad una sedia. Catricalà si precipitò
a togliergli il bavaglio, una volta tolto, Raffaele
fece appena in tempo a gridargli “attento!” ma
qualcuno da dietro lo colpì in testa facendolo
svenire.
Quando si risvegliò si ritrovò legato ad
una sedia accanto a Raffaele. Per fortuna lui non
era imbavagliato e sporgendosi riuscì, con i denti,
ad abbassare la benda che Raffaele aveva sulla
bocca.
Ma che succede? Chi ci ha legati? - chiese
Catricalà.
Non lo so! Ieri sono uscito di casa che era
quasi mezzanotte, avrò fatto cinquanta metri, ad un
certo punto ho sentito un forte dolore alla testa,
sono svenuto e stamattina mi sono ritrovato legato
ed imbavagliato a questa sedia. - Rispose Raffaele
Hai visto chi mi ha colpito?
Si, ma era incappucciato.
Mentre stavano parlando entrò in stanza un
uomo zoppicante, con un cappuccio in testa.
Disse loro: “l’esperimento dovevo farlo
solo con Raffaele ma visto che Catricalà non si fa
mai i cazzi suoi lo farò anche su di lui.”
Catricalà e Raffaele capirono subito che la
voce era di Micu Fragalà.
Micu! Ma perché ci hai colpiti e legati?
chiese arrabbiato Catricalà - E poi di quale cazzo
esperimento parli? - Aggiunse Raffaele.
Ma come minchia avete fatto a capire che
sono Micu se sono incappucciato?
Ti conosciamo da una vita, come potevi
pensare che non avremmo riconosciuto la voce?
E poi zoppichi dal piede destro e sai
benissimo che solo tu, a Belcastro, zoppichi così.
Dissero all’unisono i due.
Micu Fragalà era un uomo sulla sessantina
portati molto male, mentalmente un po’ instabile,
dopo una forte delusione d’amore risalente ad almeno
quarant’anni prima, aveva dato segni di squilibrio
ma mai niente di preoccupante, almeno fino a quel
momento.
Dai Micu liberaci, facciamo finta che è
stato tutto uno scherzo. Disse Catricalà
Liberarvi? Non ci penso nemmeno. Stasera è
il grande giorno, a mezzanotte precisa si farà
l’esperimento, finalmente sarò un altro uomo e Rosa
Coletti accetterà di amarmi. - Rispose Fragalà,
andandosene.
Catricalà e Raffaele si guardarono in
faccia e capirono che Fragalà non c’era più con la
testa, ma questa volta in modo grave. Si chiesero
chi era questa Rosa Coletti, in paese si conoscevano
tutti, ma non avevano mai sentito questo nome.
Immaginarono, allora, che potesse trattarsi della
famosa donna che diede a Micu la delusione amorosa.
Quarant’anni di tormenti potevano ridurre un uomo
così?
Erano quasi le 23.30 ed ancora non erano
riusciti a liberarsi, Fragalà li aveva legati bene.
Continuavano a chiedersi che cosa sarebbe
stato questo esperimento.
Speriamo non sia qualcosa di doloroso. -
Disse Catricalà, che non aveva mai sopportato il
dolore fisico, sotto quest’aspetto era un vero
cacasotto.
Alle 23.45, Fragalà entrò incappucciato
nella stanza.
Perché hai ancora il cappuccio se ti
abbiamo riconosciuto? - Chiese Raffaele
Ah già - rispose Fragalà togliendoselo -
meno male, faceva caldissimo sotto quel cappuccio.
In mano aveva due caschi da bicicletta e un
cappello tipo coppola, collegati tra loro con dei
fili elettrici in modo approssimativo.
Ho dovuto fare una variante all’ultimo
minuto per Catricalà. Non avevo un altro casco da
bicicletta così ho usato questa coppola che avevo in
casa. - Precisò Fragalà.
Ma cosa vuoi farci? - Chiese Catricalà
Come sono adesso, Rosa Coletti, non mi
vorrà mai, ma grazie a questi caschi mi impossesserò
della vostra gioventù per trasferirla nel mio corpo.
Appena sarò diventato giovane e quasi bello, perché
diciamoci la verità non siete granché, Rosa Coletti
mi amerà. - Rispose Fragalà.
A quel punto Catricalà e Raffaele capirono
che era meglio lasciarlo fare perché l’intelletto
era ormai andato perso del tutto.
Cominciò a posizionare i cappelli in testa
ma continuavano a cadere, anche perché lui stava in
piedi e quindi i fili facevano l’effetto molla.
Decise di allacciare i due caschi, che non diedero
più problemi, mentre la coppola continuava a non
stare ferma.
Se mi sleghi la tengo con le mani. - Disse
Catricalà
Fragalà accettò l’invito e lo slegò.
Catricalà avrebbe potuto approfittarne per slegare
Raffaele e mettere fine a questa pagliacciata, ma
Fragalà gli faceva pena, in fondo non gli costava
niente assecondarlo.
Era ormai tutto pronto, Fragalà disse che
erano le 23.55, bisognava aspettare le 24.00 in
punto per avviare l’esperimento.
In quel preciso istante si udì una voce
femminile proveniente dal piano di sotto:
E’ permesso? La porta era aperta e sono
entrata. – Si senti urlare.
Una donna salì le scale e cercando arrivò
nella stanza dove c’erano loro.
Fragalà si girò e vide una donna che
apparentemente dimostrava ottant’anni, mal vestita,
ridendo mostrò di avere solo due denti in bocca,
praticamente una befana, ma più brutta.
E tu chi sei? - chiese Fragalà con aria
disgustata
Micu, non mi riconosci? Sono Rosa Coletti,
sapessi quanto ti ho cercato.
Fragalà, impietrito da quella brutta
visione, si tolse il casco e lo scaraventò a terra e
senza dire una parola si diede alla fuga giù per le
scale.
Da quel momento di Micu Fragalà non se ne
seppe più niente, scomparve nel nulla.
Erano le 23.58, quasi mezzanotte.
*Uggiosa
**Quartiere
N.B.
La storia, i nomi e i personaggi
sono interamente INVENTATI!
27
aprile 2018
mini; giallo; camilleri;
montalbano; maigret; simenon; un
mese con catricalà; libro;
inchiesta; indagine; agatha
christie; montalban; pepe
carvalho; ausiliario; traffico; |