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facebookLe inchieste di Pepè Catricalà

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Fuga di quasi mezzanotte

Quando uscì di casa, Catricalà, capì che la giornata non sarebbe stata delle migliori. Già era lunedì e questo bastava a farla iniziare male, in più il tempo era a paposcia*. Quelle giornate grigie, con la pioggia che sta lì appesa, che forse verrà, ma non si sa. Che ti fanno portare l’ombrello, ma che alla fine quasi sicuramente non ti servirà, ma dovrai comunque portartelo dietro perché non si sa mai, rischiando anche di dimenticarlo da qualche parte. In tre parole: giornata di merda!

Decise di passare dal bar Atteritano, prima di andare al lavoro. Gustarsi un caffè insieme all’amico Raffaele forse gli avrebbe un po’ addolcito il pessimo inizio di giornata. Ma anche questo si rivelò un buco nell’acqua. Raffaele non c’era ed al suo posto c’era la madre, una scassapalle di prim’ordine. Pepè non la sopportava, da sempre. Da quando, ancora bambino, andava a giocare a casa di Raffaele e Lei non li lasciava giocare in pace rimproverandoli in continuazione.

E Raffaele? Dorme ancora? - chiese Catricalà.

Magari - rispose la signora Atteritano - è da ieri, quasi mezzanotte, che non lo vedo, abbiamo avuto una discussione, è uscito sbattendo la porta e non l’ho più rivisto.

E come ti sbagli? Gli avrà talmente rotto le palle da farlo scappare. - pensò Catricalà senza fare intuire niente alla signora.

Vedrà che appena gli sarà passata tornerà - disse catricalà, anche per tranquillizzarla. Uscì e se ne andò al lavoro.

Nel pomeriggio, a fine turno, ripassò dal bar per vedere se Raffaele fosse ritornato, ma quando vide la madre in ansia perché non aveva notizie del figlio anche Catricalà cominciò a preoccuparsi.

Raffaele era solito a queste sfuriate con la madre ma non era mai sparito per così tanto tempo. Decise allora di farsi un giro nei posti che di solito frequentavano quando uscivano insieme. La cosa si rivelò un buco nell’acqua, di Raffaele nemmeno l’ombra.

Aveva provato più volte a chiamarlo sul cellulare, sin dal mattino, ma risultava sempre spento. Era chiaro che, o gli era successo qualcosa, o non voleva farsi trovare dalla madre. Naturalmente Catricalà propendeva, sperava, per la seconda scelta. Poi perché andarsene in giro a quell’ora, con quel tempaccio, sarebbe stato più normale, dopo aver litigato, andarsene a dormire a casa sua. Raffaele non viveva con la madre, abitava in un appartamentino a poche decine di metri, la giusta distanza che consentiva alla madre di andargli a sbrigare le faccende di casa e a lui di andare a mangiare da lei tutte le volte che ne aveva voglia. Solo in teoria viveva da solo, in pratica era sempre con la madre.

Mentre ripensava a queste cose, incontrò un amico comune. Alla domanda se avesse visto Raffaele questi, inaspettatamente, rispose di si.

“Si, l’ho visto ieri sera, era quasi mezzanotte. Mi sembrava di cattivo umore tant’è che non ha risposto al mio saluto, però non so dove sia andato. A quell’ora ho visto in giro anche Micu Fragalà, chiedilo a lui, forse l’ha visto.”

Catricalà lo ringraziò e si diresse subito a casa di Fragalà. Abitava in via Cesare Battisti nella ruga** di Castellaci, il centro storico del paese. Suonò il campanello più volte ma non rispose nessuno, appoggiando la mano sulla porta si accorse che era solo accostata, l’aprì ed entrò.

Cominciò a chiamare dapprima Micu e poi Raffaele ma nessuno rispose. Fece il giro delle stanze a piano terra in un silenzio inquietante, salì le scale, nella prima stanza in cui entrò c’era un letto matrimoniale disfatto, sul comodino delle riviste di elettronica ed un foglio con degli schizzi a matita di fili elettrici collegati. Uscì e proseguì il sopralluogo, continuava a chiamare più per darsi coraggio che per la reale convinzione di avere una risposta. La seconda stanza era chiusa, spinse la porta e con sorpresa vide Raffaele legato ed imbavagliato ad una sedia. Catricalà si precipitò a togliergli il bavaglio, una volta tolto, Raffaele fece appena in tempo a gridargli “attento!” ma qualcuno da dietro lo colpì in testa facendolo svenire.

Quando si risvegliò si ritrovò legato ad una sedia accanto a Raffaele. Per fortuna lui non era imbavagliato e sporgendosi riuscì, con i denti, ad abbassare la benda che Raffaele aveva sulla bocca.

Ma che succede? Chi ci ha legati? - chiese Catricalà.

Non lo so! Ieri sono uscito di casa che era quasi mezzanotte, avrò fatto cinquanta metri, ad un certo punto ho sentito un forte dolore alla testa, sono svenuto e stamattina mi sono ritrovato legato ed imbavagliato a questa sedia. - Rispose Raffaele

Hai visto chi mi ha colpito?

Si, ma era incappucciato.

Mentre stavano parlando entrò in stanza un uomo zoppicante, con un cappuccio in testa.

Disse loro: “l’esperimento dovevo farlo solo con Raffaele ma visto che Catricalà non si fa mai i cazzi suoi lo farò anche su di lui.”

Catricalà e Raffaele capirono subito che la voce era di Micu Fragalà.

Micu! Ma perché ci hai colpiti e legati? chiese arrabbiato Catricalà - E poi di quale cazzo esperimento parli? - Aggiunse Raffaele.

Ma come minchia avete fatto a capire che sono Micu se sono incappucciato?

Ti conosciamo da una vita, come potevi pensare che non avremmo riconosciuto la voce?

E poi zoppichi dal piede destro e sai benissimo che solo tu, a Belcastro, zoppichi così.

Dissero all’unisono i due.

Micu Fragalà era un uomo sulla sessantina portati molto male, mentalmente un po’ instabile, dopo una forte delusione d’amore risalente ad almeno quarant’anni prima, aveva dato segni di squilibrio ma mai niente di preoccupante, almeno fino a quel momento.

Dai Micu liberaci, facciamo finta che è stato tutto uno scherzo. Disse Catricalà

Liberarvi? Non ci penso nemmeno. Stasera è il grande giorno, a mezzanotte precisa si farà l’esperimento, finalmente sarò un altro uomo e Rosa Coletti accetterà di amarmi. - Rispose Fragalà, andandosene.

 

Catricalà e Raffaele si guardarono in faccia e capirono che Fragalà non c’era più con la testa, ma questa volta in modo grave. Si chiesero chi era questa Rosa Coletti, in paese si conoscevano tutti, ma non avevano mai sentito questo nome. Immaginarono, allora, che potesse trattarsi della famosa donna che diede a Micu la delusione amorosa. Quarant’anni di tormenti potevano ridurre un uomo così?

Erano quasi le 23.30 ed ancora non erano riusciti a liberarsi, Fragalà li aveva legati bene.

Continuavano a chiedersi che cosa sarebbe stato questo esperimento.

Speriamo non sia qualcosa di doloroso. - Disse Catricalà, che non aveva mai sopportato il dolore fisico, sotto quest’aspetto era un vero cacasotto.

 

Alle 23.45, Fragalà entrò incappucciato nella stanza.

Perché hai ancora il cappuccio se ti abbiamo riconosciuto? - Chiese Raffaele

Ah già - rispose Fragalà togliendoselo - meno male, faceva caldissimo sotto quel cappuccio.

In mano aveva due caschi da bicicletta e un cappello tipo coppola, collegati tra loro con dei fili elettrici in modo approssimativo.

Ho dovuto fare una variante all’ultimo minuto per Catricalà. Non avevo un altro casco da bicicletta così ho usato questa coppola che avevo in casa. - Precisò Fragalà.

Ma cosa vuoi farci? - Chiese Catricalà

Come sono adesso, Rosa Coletti, non mi vorrà mai, ma grazie a questi caschi mi impossesserò della vostra gioventù per trasferirla nel mio corpo. Appena sarò diventato giovane e quasi bello, perché diciamoci la verità non siete granché, Rosa Coletti mi amerà. - Rispose Fragalà.

A quel punto Catricalà e Raffaele capirono che era meglio lasciarlo fare perché l’intelletto era ormai andato perso del tutto.

Cominciò a posizionare i cappelli in testa ma continuavano a cadere, anche perché lui stava in piedi e quindi i fili facevano l’effetto molla. Decise di allacciare i due caschi, che non diedero più problemi, mentre la coppola continuava a non stare ferma.

Se mi sleghi la tengo con le mani. - Disse Catricalà

Fragalà accettò l’invito e lo slegò. Catricalà avrebbe potuto approfittarne per slegare Raffaele e mettere fine a questa pagliacciata, ma Fragalà gli faceva pena, in fondo non gli costava niente assecondarlo.

Era ormai tutto pronto, Fragalà disse che erano le 23.55, bisognava aspettare le 24.00 in punto per avviare l’esperimento.

In quel preciso istante si udì una voce femminile proveniente dal piano di sotto:

E’ permesso? La porta era aperta e sono entrata. – Si senti urlare.

Una donna salì le scale e cercando arrivò nella stanza dove c’erano loro.

Fragalà si girò e vide una donna che apparentemente dimostrava ottant’anni, mal vestita, ridendo mostrò di avere solo due denti in bocca, praticamente una befana, ma più brutta.

E tu chi sei? - chiese Fragalà con aria disgustata

Micu, non mi riconosci? Sono Rosa Coletti, sapessi quanto ti ho cercato.

Fragalà, impietrito da quella brutta visione, si tolse il casco e lo scaraventò a terra e senza dire una parola si diede alla fuga giù per le scale.

Da quel momento di Micu Fragalà non se ne seppe più niente, scomparve nel nulla.

Erano le 23.58, quasi mezzanotte.

 

*Uggiosa

**Quartiere

 

N.B. La storia, i nomi e i personaggi sono interamente INVENTATI!

  

27 aprile 2018 

 

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