La
diocesi vescovile di Belcastro sorse in seguito all’innalzamento del seggio
arcivescovile di Santa Severina, in qualità di sua suffraganea, durante l’impero
di Leone VI il Sapiente (886-911), come è elencato nella Notitia III.
Questo elenco, a sua volta, si rifà ad una diatiposi
risalente al tempo del patriarca di Costantinopoli Polieucto, sotto l’imperatore
Alessio Comneno (1081-1118).
Il documento, sebbene redatto nel 1084, riporta
notizie di poco anteriori all’anno 1000 ed in esso vi compare elencata per la
prima volta il vescovado di
Palaiokastron
(Palaiokastron), corrispondente a
Paleocastren-Castriveteris-Geneocastren delle prime fonti latine (bolle papali e
provinciali), poi Belcastro.
Sebbene, amministrativamente, il territorio e poi
feudo di Belcastro abbracciasse anche i territori degli attuali comuni di
Botricello, Andali, Cerva, Sersale, Cropani e Zagarise, ecclesiasticamente
invece, fino a tutta la prima metà del 1400, la diocesi comprese soltanto il suo
centro (Belcastro) e il casale di Cuturella, quest’ultimo popolato da pochissime
famiglie che raggiungevano appena le cinquanta unità circa, mentre Andali era
quasi spopolato, Cerva e Sersale non esistevano ancora, Cropani e Zagarise,
sebbene appartenessero alla contea di Belcastro, ecclesiasticamente, però,
facevano parte della diocesi di Catanzaro.
A partire dalla seconda metà del Quattrocento, con
la seconda immigrazione di albanesi (1442), chiamati nel Regno di Napoli dal re
Alfonso I d’Aragona, nella diocesi di Belcastro fu inserito il nuovo casale
albanese di Andali
e, nel 1704, si aggiunse anche quello di Cerva. L’abitato di Casalnuovo (poi
Sersale), fondato il 3 agosto 1620 dal barone di Belcastro Francesco I Sersale,
fu incorporato invece nella diocesi di Catanzaro in quanto il suo territorio era
stato ricavato da quelli di Zagarise e Cropani, già facenti parte del vescovado
catanzarese.
Quindi la diocesi vescovile di Belcastro, fu di
modeste dimensioni territoriali, come pure di scarsa densità abitativa.
Infatti, dai dati demografici e dalle relazioni
vescovili, per l’arco di tempo che va dal 1592 al 1714, la media della
demografia belcastrese è stata di 1.336 abitanti.
Sempre per lo steso periodo, Andali ha registrato un media di 345 abitanti e
Cuturella ha avuto una media di 141.
Per quanto riguarda l’abitato di Cerva i primi
dati statistici sono posteriori al periodo suddetto, ma anche questi furono di
modesta portata.
Una popolazione, quindi, abbastanza contenuta per
una diocesi vescovile: per il periodo sopra citato possiamo, perciò, considerare
una media di 1.872 fedeli.
Non fu così, invece, per il numero di chiese.
Andali e Cuturella avevano una chiesa ciascuna, la
prima sotto il titolo della ss. Annunciazione e la seconda sotto quello di s.
Michele arcangelo. Belcastro, invece, ebbe un numero di edifici religiosi che,
rapportato agli abitanti, risulta anche sproporzionato.
Ovviamente non siamo a conoscenza di tutte le
chiese che furono edificate nel territorio belcastrese lungo l’arco della sua
storia, anche perché molte di esse furono soltanto piccoli edifici unicellulari,
innalzati per la semplice devozione popolare e non per necessità. Pertanto non
ne possiamo conoscere il nome, ma ne possiamo dedurre il luogo della loro
esistenza per il fatto che alcune chiese diedero il loro nome alle località
sulle quali furono edificate. Abbiamo così la località Duminicu che prese
il nome dal primitivo convento di s. Domenico “fuori le mura” e, quindi, s.
Giovanni, santu Sodare (sant’Isidoro), s. Francesco, santa Lìjna
(sant’Elena), s. Lucia, s. Nicola, e così via.
Le uniche fonti che avrebbero potuto darci qualche
spiraglio sulle antiche chiese della diocesi di Belcastro avrebbero dovuto
essere le relazioni vescovili; queste, invece, sono abbastanza parche di
notizie, riportando pochi riferimenti e quasi mai la descrizione degli edifici
ed il loro stato: dal 1592 al 1700 solo due relazioni elencano con qualche
dettaglio le chiese di allora, vale a dire le relazioni dei vescovi Francesco De
Napoli (1645) e Carlo Sgombrino (1659). Delle altre relazioni soltanto alcune
accennano a qualche circostanza particolare riguardante, però, la chiesa
cattedrale - e non tutto l’insieme chiesastico del paese - come
l’acquisto di paramenti e suppellettili o alcuni lavori dei restauro che, in
definitiva, non hanno alcun valore di riferimento per la storia delle chiese
belcastresi.
Infine, ritornando alle fonti, in un Elenco
delle chiese di Belcastro del decano della cattedrale Giuseppe Fragale,
datato 1789, figurano altre chiese che non trovano riscontro nelle relazioni
vescovili, ma che il sacerdote forse ricavò da documenti abbastanza antichi e,
quindi, edifici ecclesiastici che dal 1592 - anno in cui iniziano le
relazioni vescovili - erano chiusi al culto oppure non esistevano più. Del
resto, il nome di alcune di chiese indicato nell’Elenco indica
chiaramente un’origine greca, come s. Cataldo, s. Sofia, s. Leone, s. Stefano,
la Madonna greca, ecc., e quindi probabilmente risalenti al periodo bizantino.
Delle chiese di Belcastro, oggi rimangono aperte
al culto l’ex Cattedrale, oggi declassata a chiesa arcipretale per
all’abolizione del vescovado nel 1816, la chiesa di s. Maria della Pietà e le
cappelle di s. Rocco e di s. Tommaso d'Aquino, quest’ultima chiusa per la
maggior parte dell’anno.
L'abbazia di S.
Maria e i monasteri di S. Michele Arcangelo e di S. Nicola di Myria
L'ex Cattedrale di San Michele Arcangelo
PRIMA
PARTE -
SECONDA
PARTE
CONVENTO DI S. DOMENICO
CONVENTO DI S. FRANCESCO DI PAOLA
CHIESA DI
S. TOMMASO
CONVENTO DI S. FRANCESCO D’ASSISI
S.
CATALDO O SINAGOGA DEGLI EBREI
Le diatiposi o cataloghi erano gli elenchi delle province ecclesiastiche
soggette al patriarcato di Costantinopoli, ordinate dall’imperatore Leone
III Isaurico (717-741) e poi aggiornate sotto Leone
VI il Sapiente (886-911) e comprendono un arco di tempo che va dal 732 al
911.
|