cerca su belcastroweb

 

BELCASTROWEB-MAIL

 

Seguici su

     
 

di Raffaele Piccolo

L’abbazia di s. Maria e i conventi di s. Michele  Arcangelo e di

s. Nicola di Myria.

 

Il primo edificio religioso, stando a quanto riferisce il Fiore, fu il tempio pagano dedicato Castore e Polluce, situato sull’acrocoro delle Timpe, al di sotto del quale erano ubicate le poche capanne della comunità.

Ma, tralasciando questo breve riferimento del quale non vi sono prove concrete e se la chiesa più importante di Belcastro fu ovviamente la cattedrale, non fu però la più antica, dal momento che la sede vescovile belcastrese risale intorno all’886, cioè quando il paese esisteva già come struttura edilizia e, quindi, aveva già la sua chiesa della quale non siamo in grado di indicarne il luogo o il nome, anche perché gli edifici religiosi belcastresi, se si eccettuano l’ex cattedrale, la chiesa di s. Maria della Pietà, di s. Francesco e quella della ss. Annunciazione  - che sono di epoca recente rispetto al periodo paleocristiano -  furono tutti di modesta entità e, quindi, la loro scomparsa è stata, nel tempo, affrettata anche dalla loro scarsa consistenza muraria. 

Perciò, individuare il sito delle prime chiese cristiane di Belcastro è praticamente impossibile, a meno che per intuirne la localizzazione non si faccia ricorso alla storia edilizia del paese ed ipotizzare, grosso modo, in quale zona sia potuta sorgere la prima chiesa belcastrese.

Il primo nucleo abitativo di Belcastro si costituì proprio a ridosso del colle delle Timpe con il rione di Castellaci e quindi è ovvio congetturare che il primo edificio religioso di Belcastro sia sorto appunto in tale rione. Con il passare del tempo sorsero i rioni di Fra-le-mura e Fornara, quest’ultimo in luogo più agevole rispetto agli altri due; conseguentemente con l’espandersi del paese e la crescita demografica[1] si rese necessaria una nuova chiesa che, molto probabilmente fu eretta più a valle, cioè su un luogo più stabile[2], più comodo e soprattutto destinato a popolarsi.

Noi pensiamo, tanto per azzardare un’ipotesi, che la nuova chiesa sia sorta nel rione Sala, nelle pertinenze dell’attuale chiesa di s. Maria della Pietà, se non sul suo stesso sito[3].

Comunque, lasciando da parte le supposizioni, il primo complesso chiesastico citato nei documenti è l’abbazia di s. Maria le cui rendite, nel 1093, furono assegnate da Ruggero I d’Altavilla all’abbazia della ss. Trinità di Mileto[4].

Il conte normanno, conquistata la Calabria e in attesa di sottomettere la Sicilia occupata dai musulmani, aveva posto la sede del suo governo provvisorio a Mileto dove, per dare decoro alla sua residenza, oltre a ristrutturare l’edilizia civile modificò anche quella religiosa. Fra le altre cose dotò di molti beni e privilegi,  assegnandole nuove terre e appartenenze[5], la chiesa della s. Trinità di Mileto che in breve tempo diventò, per un certo periodo, l’abbazia più potente di tutta la Calabria meridionale.

Purtroppo non abbiamo riferimenti precisi sull’ubicazione dell’abbazia di s. Maria, ma aiutandoci con la storia edilizia del paese possiamo supporre la sua localizzazione.

Poiché in quel tempo le abbazie o monasteri venivano edificati al di fuori dei centri abitati  - anche se non molto distanti[6] -, è da presumere che s. Maria si trovasse o al di sotto o al di sopra del paese che, come si è detto, si estendeva sul crinale sud-est del colle Timpe.

Al di sopra del borgo, però, vi era il recinto-castello bizantino e quindi l’eventuale ubicazione della chiesa sopra l’abitato del paese è da escludere, anche perché l’accesso alla rupe era molto difficoltoso[7]. Se fosse stata ancora più sopra, i fitti e impraticabili boschi di castagneti e querceti rendevano scomodo ai cittadini il suo raggiungimento; perciò l’ubicazione della chiesa verso il lato nord del paese è da escludere con una più che fondata certezza. Dobbiamo cercare, quindi, la localizzazione dell’abbazia verso il lato sud, cioè nella parte sottostante l’abitato, e poiché non doveva sorgere abbastanza distante dal paese, potremmo ipotizzare il suo sito nei pressi dell’attuale piazza Poerio che, seppure staccato dal borgo, era facilmente raggiungibile dalla piccola comunità dei fedeli.

Un’altra ipotesi più plausibile sulla posizione di questa abbazia potrebbe essere dedotta da un’indicazione della Petizione del 1112 che i cittadini di Belcastro avanzarono al vescovo Policreto per la fondazione del capitolo diocesano.

Nella parte finale del documento è scritto che a redigere l’atto fu “Macronio Locrezio notaio [e] sacerdote di nazione greca[8], dimorante con casa e famiglia nella via chiamata Grecìa, propriamente vicino la chiesa di Santa Maria greca della mia religione”[9].

Da questo passo, oltre a sapere che a Belcastro si praticava contemporaneamente il rito bizantino e quello latino, veniamo a conoscenza che nel 1112 esisteva una chiesa dedicata a s. Maria nella via Grecìa, come lo stesso notaio Macronio specifica nell’atto.

Se l’abbazia di s. Maria del 1093 fosse stata la chiesa di “s. Maria greca” del 1112  - cosa verosimile -  che nel documento del Fragale è detta anche Madonna greca, potremmo affermare con precisione il suo luogo di ubicazione, corrispondente propriamente all’abitazione civile della famiglia di Nicola Mazza, sita nella via Grecìa al numero civico 44[10].

Questo edificio, ovviamente, lungo l’arco dei secoli ha subito molte trasformazioni, ma nel lato sud della casa rimane ancora un grosso spezzone di parete molto antico che si differenzia nettamente dal resto dell’edificio sia per il suo spessore sia per il tipo di laterizi adoperati.

Un’altra donazione di Ruggero I riguarda i monasteri di s. Michele arcangelo e di s. Nicola di Myria  - sempre di Belcastro -  i cui proventi furono assegnati, nel 1107, ai benedettini di Lipari[11].

L’ubicazione di questi due monasteri è meno difficoltosa di quella di s. Maria.

Sappiamo che il monachesimo bizantino edificava i propri conventi in luoghi alti, solitari e disagevoli a raggiungerli, quindi, al di fuori delle comunità, quali erano allora le zone dell’attuale castello e del rione San Nicola (Santu).

Infatti, il monastero di s. Michele sorgeva nei pressi dell’attuale chiesa arcipretale (ex cattedrale), allora scosceso e disabitato, quindi di fronte il primitivo abitato di Belcastro, costituito  - come si è detto sopra -  dai rioni Castellaci, Fralemura e Fornara[12].

L’altezza e l’asperità del luogo[13], roccioso ed angusto, lo isolavano quasi completamente dal paese.

È probabile che nel 1300 il convento fosse in rovina, il che spiega l’erezione della cattedrale sul suo sito.

Il secondo convento, quello di s. Nicola, era ubicato nell’omonimo rione, comunemente detto anche Santo, di chiaro riferimento al vescovo di Myria, del quale recentemente è stato scoperto un affresco presso l’ex cattedrale[14].

Esso sorgeva sullo sperone roccioso, ultimo prolungamento del colle sul quale fu edificato in seguito l’attuale castello, di rimpetto il centro abitato e precisamente sulla parte terminale di questa propaggine, cui fa riscontro un profondo precipizio, tipico dei monasteri edificati tra i secoli VII-IX.

Ovviamente, oggi il convento non esiste più ed al suo posto vi sono piccole abitazioni civili ad un unico piano.

La conformazione del terreno ci suggerisce la disposizione edilizia di tutto il complesso monastico.

La chiesa, la cui cupola è ancora esistente[15], si trovava proprio a picco sul burrone, mentre le abitazioni dei monaci e gli edifici accessori al convento si dispiegavano ai due lati dello sperone roccioso, formando così, per i suoi strapiombi, una specie di costruzione ermeticamente protetta da ogni lato, lasciando aperto solo quello di accesso che era anch’esso in posizione elevata rispetto al viottolo attraverso il quale si poteva raggiungere tutto il complesso edilizio. All’interno di questa struttura vi era un piccolo spiazzetto, tuttora esistente.

Quando cessò la sua funzione, tutto il complesso fu adibito ad uso abitativo.

È probabile, quindi, che gli attuali edifici, quasi tutti unicellulari, siano gli stessi che costituivano il monastero, anche se di volta in volta restaurati dai nuovi inquilini.

Il convento distava dall’abitato cittadino circa due chilometri e, calcolando la natura del terreno fortemente in pendio, era collegato con la piccola comunità belcastrese da un angusto viottolo, il cui tracciato ricalcava, grosso modo, l’attuale via s. Nicola.

Poiché l’abbazia di s. Maria ed i due conventi sopra citati non sono indicati nelle relationes ad limina dei vescovi di Belcastro[16] e neanche nell’Elenco di monsignor Fragale, esse sicuramente cessarono la loro funzione ancor prima del secolo XVI.

I tre edifici religiosi, i cui luoghi, ripetiamo, erano al di fuori del paese, furono edificati dal monachesimo bizantino, a sua volta originato dall’eremitismo[17], agli inizi del secolo X. Sebbene a Belcastro vi fossero queste tre chiese, esse, al contrario di quelle di rito latino, non avevano alcun vincolo tra loro, all’infuori dell’unione spirituale e fraterna ed esse si reggevano su norme proprie che, generalmente, erano state impartite dal proprio fondatore. Gli abati non facevano capo ad alcuna autorità superiore, ma facevano da guida ai loro monaci secondo il loro vivere, che era basato sulle Vite dei santi.

Così pure, quando si parla di abbazie, non bisogna immaginare grandi costruzioni simili a quelle che si innalzarono durante l’epoca normanna o a quelle sontuose dei benedettini, ma si trattava generalmente di piccole costruzioni, costruite dagli stessi monaci, dove la povertà e l’essenziale erano di casa.

Prendendo ad esempio il monastero di s. Nicola, la cui struttura edilizia si è mantenuta quasi intatta, possiamo dire che esso era costituito da un piccolo edificio principale, corrispondente alla chiesa vera e propria, e poi intorno ad esso piccole strutture unicellulari che servivano alla funzionalità vera e propria del complesso, come le celle dei monaci, i magazzini, le cucine, e così via. Esaminando anche le costruzioni intorno alla chiesa della Madonna greca, edificata su un terreno scosceso, gli edifici anche qui, sono di proporzioni modeste e, seguendo la conformazione del terreno, sono disposti quasi a grappolo intorno alla chiesa.

I monaci di questi conventi furono generalmente denominati Basiliani o dell’Ordine di s. Basilio Magno, anche se tale termine è improprio e fu adottato dalla curia romana nel medioevo per distinguere i monaci greci da quelli latini; ciò perché, non esistendo alcuna “Regola” di s. Basilio, non potevano esistere neanche i monaci basiliani[18] e, quindi, è più corretto indicarli come monaci e monasteri greci, cioè di rito greco.

Questi monasteri, con la fine del dominio militare bizantino (1065 c.) e l’ascesa dei normanni, continuarono la loro attività ed il loro rito; ma col passare del tempo furono pian piano assorbiti da quelli di rito latino.

 


 


[1] Nel 1276 Belcastro, secondo una tabella elaborata da G. Pardi (I Registri Angioini e la popolazione calabrese del 1276, in Archivio storico per le provincie  Napoletane, VII (1921), pp. 36-45) contava 1.421 abitanti. Una stima di P. De Leo (Per la storia delle parrocchie calabresi nel basso Medioevo, in: Pievi e Parrocchie in Italia nel Basso Medioevo (sec. XIII-XV), fa ascendere la popolazione di Belcastro ad un numero più elevato rispetto a quello del Pardi, in quanto assegna al feudo belcastrese  6.007 unità, nelle quali però vengono conteggiati anche gli abitanti di Cropani e Barbaro, che facevano parte della contea di Belcastro.

[2] I rioni Castellaci e Fra-le-mura si trovano su un terreno fortemente arenario.

[3] Spesso una nuova chiesa  - come potrebbe essere il caso di s. Maria della Pietà -  sorgeva sul posto di quella vecchia.

[5] La chiesa miletese era compresa nella diocesi di Vibo Valentia (l’antica Vibona) ed, in seguito, fu anch’essa elevata a seggio vescovile.

[6] Non tutti i monasteri erano a breve distanza dei centri abitati, anzi la maggior parte sorsero in luoghi isolati e separati dalla collettività. Bisogna precisare, però, che i conventi venivano costruiti anche nelle vicinanze delle comunità per poter offrire a queste lo loro opera religiosa.

[7] Questa difficoltà di transito si è presentata fino a qualche anno fa e l’unica via d’accesso alla sommità del colle era uno stretto ed angusto viottolo. Di recente, i proprietari del terreno hanno aperto una strada più larga e meno scomoda.

[8] Per nazione greco si deve intendere di rito religioso bizantino: in Calabria, anche dopo la venuta dei normanni, persistette, accanto a quello latino, il rito greco fino a quasi il 1600.

[9] AASS, Petizione per l’erezione del capitolo diocesano, in: Cartella S. Tommaso d'Aquino: “Macronius Locretius Notarius Sacerdos natione graecus commorantem cum domo et Familia in vicum nuncpatum Graeciam prope Ecclesia[m] S[anct]ae Mariae graecae meae nationis vocatum a R[everendissi]mo D[omi]no Ep[iscop]o”.

[10] È risaputo che i normanni cercarono di favorire la chiesa latina con donazioni, a scapito di quella bizantina.

[12] Per una più approfondita conoscenza della storia dell’edilizia belcastrese vedi Belcastro attraverso la sua storia edilizia, su questo stesso sito.

[13] Bisogna tenere presente che il luogo non era abitato, ma era fuori il paese.

[14] L’opera, unica in tutto il circondario, è di rara bellezza. L’incuria delle autorità preposte, però, ne stanno deturpando giorno dopo giorno la fattura, arrecando un grave danno sia alla chiesa sia al paese.

[15] Esternamente la struttura è stata modificata, ma l’interno dell’edificio conserva ancora la forma di cupola.

[16] La relazione del vescovo Orazio Schipani, dell’1 novembre 1591, non cita le tre abbazie; indica invece il monastero dei domenicani sotto il titolo di s. Domenico, dei conventuali di s. Francesco e dei terziari dedicato anch’esso a s. Francesco.

[17] Nella vicina Simeri vi erano gli eremi di s. Bartolomeo e s. Luca, allora molto famosi nella zona.

[18] L’istituzione vera e propria dell’Ordine basiliano d’Italia avvenne nel 1579.

 

17 settembre 2003

Contatore visite

 

 

Creative Commons License

Questa opera è pubblicata sotto una Licenza Creative Commons

 Alcuni diritti riservati 1998-2015 Carmine Stanizzi - AVVISO