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di Raffaele Piccolo

Convento di S. Francesco d’Assisi[1].

 

Questa chiesa apparteneva al convento dell’ordine francescano dei Conventuali, ma non ne conosciamo l’esatta ubicazione.

Presumibilmente si trovava nella via Fornara in quanto, dopo la sua chiusura al culto (1653) e il suo breve adattamento a seminario (1692), il convento fu dato ai frati francescani del convento dell’Ecce Homo di Mesoraca che lo utilizzarono, fino a subito dopo il secondo conflitto mondiale, come abitazione di rifugio quando questi si recavano a Belcastro per la questua[2].

Sulla sua fondazione non abbiamo una data precisa come quella dei terziari, ma certamente le fu quasi contemporanea.

Le prime notizie di questo convento risalgono all’8 ottobre 1426, quando il papa Martino V comunicava al vescovo[3] che la nipote Simonetta Colonna, vedova del conte Pietro Paolo de Andreis e feudataria del paese[4], aveva la facoltà di concedere ai frati osservanti di Belcastro le rendite di un convento che il defunto marito Pietro Paolo aveva fatto costruire nel suo feudo di San Lucido, sotto il titolo dell’Annunziata[5]: “Sincere devotionis affectus. Episcopo Bellicastri. Pro N. M. Simonetta de Columna, Comitissa Bellicastri, facultas concedendi Fratribus de Observantia domum, quam quondam Petruspaulus, eius consors, fundaverat pro usu et habitatione eorum in castro S. Lucidi, Cusentinae diocesis, sub titulo S. Annuntiate. Datum Romae apud Sanctos Apostolos, Octavo Idus octobris, Anno nono”.

Una relazione del vescovo Antonio Lauro del novembre 1599 ci riferisce che il convento era detto, volgarmente, della codilla[6] di cui ignoriamo il significato; mentre una precedente relazione del vescovo Francesco de Napoli del 1645 ci riferisce che esso era abitato da tre monaci ed aveva una rendita di 200 ducati annui.

La sua chiesa, dedicata a s. Francesco d’Assisi, aveva anche una confraternita laica sotto il titolo della ss. Concezione, i cui confratelli indossavano un semplice saio privo di pileo e mozzetta.

Anche questo convento fu soppresso dalla riforma innocenziana ed i suoi redditi dati alla mensa vescovile. Dopo la sua abolizione, vi fu trasferito momentaneamente il seminario e l’episcopio i quali, a causa della loro totale distruzione risalente al terremoto del 1645, ancora non erano stati ricostruiti fino al 1692[7].

 


 


[1] Da non confondere con quello di Paola, ubicato nell’omonima contrada.

[2] Fino a qualche decina di anni fa il convento risultava ancora accatastato ai monaci di Mesoraca.

[3] Il vescovo, probabilmente, era Giovanni Opizzo di Santa Severina, nominato al seggio di Belcastro nel 1418.

[4] La contea di Belcastro, tolta nel 1404 a Ruggero Sanseverino per la sua ribellione al re Ladislaao di Durazzo, era stata data lo stesso anno a Pietro Paolo de Andreis, giustiziere di Val di Crati e Terra Giordana e partigiano del re.

[5] Reg. Vat., 260, ff. 164-165; WADDING, Annales, ediz. Quaracchi, x, 483, n. 167; rvc, II, p. 187. 

[6] ASV, SCC, Relationes ad limona, Belcastro, a. 1599.

[7] ASV, SCC, Relationes ad limona, Belcastro, a. 1692.

8 gennaio 2004

 

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