Convento di S. Francesco d’Assisi.
Questa chiesa apparteneva al convento dell’ordine
francescano dei Conventuali, ma non ne conosciamo l’esatta ubicazione.
Presumibilmente si trovava nella via Fornara in
quanto, dopo la sua chiusura al culto (1653) e il suo breve adattamento a
seminario (1692), il convento fu dato ai frati francescani del convento dell’Ecce
Homo di Mesoraca che lo utilizzarono, fino a subito dopo il secondo
conflitto mondiale, come abitazione di rifugio quando questi si recavano a
Belcastro per la questua.
Sulla sua fondazione non abbiamo una data precisa
come quella dei terziari, ma certamente le fu quasi contemporanea.
Le prime notizie di questo convento risalgono
all’8 ottobre 1426, quando il papa Martino V comunicava al vescovo
che la nipote Simonetta Colonna, vedova del conte Pietro Paolo de Andreis e
feudataria del paese,
aveva la facoltà di concedere ai frati osservanti di Belcastro le rendite di un
convento che il defunto marito Pietro Paolo aveva fatto costruire nel suo feudo
di San Lucido, sotto il titolo dell’Annunziata:
“Sincere devotionis affectus. Episcopo Bellicastri. Pro N. M. Simonetta de
Columna, Comitissa Bellicastri, facultas concedendi Fratribus de Observantia
domum, quam quondam Petruspaulus, eius consors, fundaverat pro usu et
habitatione eorum in castro S. Lucidi, Cusentinae diocesis, sub titulo S.
Annuntiate.
Datum Romae apud Sanctos Apostolos, Octavo Idus octobris, Anno nono”.
Una relazione del vescovo Antonio Lauro del
novembre 1599 ci riferisce che il convento era detto, volgarmente, della
codilla
di cui ignoriamo il significato; mentre una precedente relazione del vescovo
Francesco de Napoli del 1645 ci riferisce che esso era abitato da tre monaci ed
aveva una rendita di 200 ducati annui.
La sua chiesa, dedicata a s. Francesco d’Assisi,
aveva anche una confraternita laica sotto il titolo della ss. Concezione, i cui
confratelli indossavano un semplice saio privo di pileo e mozzetta.
Anche questo convento fu soppresso dalla riforma
innocenziana ed i suoi redditi dati alla mensa vescovile. Dopo la sua
abolizione, vi fu trasferito momentaneamente il seminario e l’episcopio i quali,
a causa della loro totale distruzione risalente al terremoto del 1645, ancora
non erano stati ricostruiti fino al 1692.
Reg. Vat., 260, ff.
164-165; WADDING, Annales,
ediz. Quaracchi, x,
483, n. 167; rvc, II,
p. 187.
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