FAMIGLIA JAZZOLINO – JAZZOLINI –
JASOLINI
Questa
famiglia era già nota nel 1338 a Vibo Valentia.
Giulio
Jazzolino, trasferitosi da Vibo Valentia a Napoli nel 1573, divenne un celebre
medico, oltre che filosofo e professore di anatomia, scrivendo anche alcuni
testi dei quali ci rimane l’opera Sui rimedi naturali e su i bagni di
Pozzuoli del 1588.
Questa famiglia
si distinse a Vibo Valentia durante una carestia che colpì la città aprendo “i
granai e con la gratuita ripartizione di gran vittuaglia arrestò la ulteriore
strage del terribile flagello”.
Si trapiantò
anche a Catanzaro e Taverna. In quest’ultimo luogo giunsero verso la metà del
secolo XVI con Marcantonio “maestro di scola de l’illustre duca di Nocera”
ai cui insegnò grammatica e lettere.
Stabilitasi
definitivamente a Taverna, questa famiglia fu annoverata fra quelle nobili nel
1605. Un Francesco, un Angelo, un Francesco Antonio, un Gerolamo juniore e un
Muzio furono dottori in utroque jure. Un Agostino fu valoroso soldato
nella campagna di Fiandra con il grado di alfiere.
Il ramo di
Taverna si estinse nel secolo XVII con le due figlie del citato Gerolamo
juniore.
Dai registri
della Dataria apostolica per obitum risulta un Cesare Jazzolino,
canonico di Catanzaro, morto nel 1604.
Sempre dai
registri apostolici risulta che ad Andrea Jazzolini, prete nobile oriundo, fu
dato il cantorato della cattedrale di Belcastro, a seguito del tramutamento di
Giuseppe Benedicente al canonicato. Andrea morì arcidiacono nel settembre 1711.
Inoltre, il
catasto conciario di Belcastro del 1743 riporta le partite relative “al
magnifico Bruno Jazzolino, nobile vivente, di 32 anni”, marito della trentenne
Crescentia Primerano di Belcastro e padre di Giovanni di anni 6, Ciro di anni 4,
Antonio di anni 3, Carmina di anni 3, Teresa di anni 1, abitante nel proprio
palazzo signorile, nonché del magnifico Domenico Jazzolino, anche lui ”nobile
vivente” di 26 anni, marito di un’altra belcastrese, la magnifica Vittoria
Ballatore, ventinovenne, abitante nel proprio palazzo con il fratello chierico,
ventottenne.
I due erano parenti di quarto grado e per la celebrazione del matrimonio,
avvenuto il 25 settembre 1731, occorse la dispensa canonica.
Questa famiglia,
purtroppo, si rese protagonista di un gravissimo misfatto.
Il Nunzio di
Napoli, il 21 aprile 1731, scriveva al Segretario di Stato
che il vescovo di Belcastro Giovanni Battista Capuani aveva fatto arrestare un
chierico di questa famiglia. In seguito a ciò, due fratelli Jazzolino ne
reclamavano la liberazione minacciando con la pistola il vescovo.
La tradizione
locale, in merito a questo accaduto, riferisce che, durante la processione del
Corpus Domini di quell’anno, il vescovo fu affrontato pubblicamente dai due
fratelli, uno dei quali impugnò la pistola nell’atto di sparare. Il vescovo
reagì opponendogli contro l’ostensorio che portava in processione e il
Jazzolino, avuto un attimo di smarrimento, depose l’arma e si diede alla fuga,
seguito dall’altro fratello.
Il Nunzio
apostolico, in una seconda lettera, del 22 maggio 1731, riferisce di avere
informato il viceré il quale aveva incaricato la regia udienza di Catanzaro
affinché arrestasse i due,
ma una terza lettera, del 4 settembre dello stesso anno,
riferisce che l’arresto non era stato ancora operato e che, anzi, uno dei due
fuggitivi era ritornato in paese “più baldanzoso di prima”, anche perché
spalleggiato dal barone di Belcastro Alfonso Poerio. Il vescovo, per non esporsi
a nuovi pericoli, si trasferì ad Andali.
Come andò a
finire ai due fratelli Jazzolino non lo sappiamo.
Sappiamo però
che un’altra sciagura colpì questa famiglia.
Un carteggio
conservato tra le carte della regia udienza di Catanzaro riporta che ai già
menzionati Ciro e Carmina Jazzolino -che abbiamo visto essere figli di Bruno e
Crescenzia Primerano e che erano rimasti eredi anche degli zii Domenico
Jazzolino e Vittoria Ballatore- toccò una tragica fine, perché furono rapinati
ed uccisi nella notte del 15 settembre 1802.
Dallo stesso
carteggio risulta che a richiedere i beni degli uccisi fu l’unico parente
in terzo grado, il nobile Mazza Vincenzo di Domenico. |