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di Raffaele Piccolo

FAMIGLIA DIANO (de)

 

Questa famiglia fu presente in tutta la regione.

Il suo primo rappresentante ad essere ricordato in documenti belcastresi fu Tomase (Tommaso) de Diano che ebbe in fitto, dal duca di Belcastro Antonio II d’Aragona, il ducato dal 1548 al 1554. Si dimostrò ottimo governante sia sul piano amministrativo, migliorando l’economia del paese, sia sul piano sociale istituendo il “Banco di Pietà”, con una rendita di ducati 200, per le fanciulle indigenti che intendevano maritarsi. Il “banco”, nel 1768, fu mutato in “Pio Monte dei Poveri” da Pietro e veniva amministrato dal vescovo; nel 1791 ne venne rivendicata la laicità[1].

Alla chiesa di Belcastro questa famiglia diede diversi religiosi, menzionati tutti come “preti nobili”: il parroco Scipione, nel 1546[2], e il chierico Fabrizio al quale, il 15 marzo 1583, veniva concesso di tornare ai voti laici[3]; il 25 settembre 1563 Ottavio era divenuto cantore della chiesa di s. Maria Maddalena[4], nell’omonima  contrada, per la rinuncia del sacerdote Vincenzo de Cumis.

Nel 1671 moriva Pietro Didaco, canonico della cattedrale[5]. Dal maggio 1679, Domenico[6], dottore in diritto ecclesiastico e civile, fu decano della chiesa cattedrale e vicario generale del vescovo Gargano; nel mese di luglio 1734 divenne promotore fiscale della curia episcopale per la morte di Francesco Coccino[7]. Morì nel settembre 1756. Nel dicembre 1689 il “prete nobile” Antonio, vicario generale, ottenne il canonicato e la prebenda di s. Maria della Sanità[8]; morì nel 1717. Nel luglio 1734 un altro Domenico, che morì prima del settembre 1756, fu promotore fiscale della curia episcopale[9]. A proposito di questo Domenico va ricordato che, nell’agosto 1722 aveva ottenuto di prendere gli ordini sacri extra tempore per poter godere di una cappellania vitalizia[10]. Un Isidoro de Diano, nel 1742, fu abate provinciale basiliano[11].

Nel catasto conciario del 1743, alla particola del vedovo “Magnifico Don Michele de Diano nobile vivente di anni 65” è scritto abitante in “casa patrimoniale del canonico Don Antonio de Diano suo figlio[12]”, quarantenne, insieme alla numerosa famiglia costituita dal canonico Domenico fratello, cinquantaseienne, dal chierico celibe Giovanni, altro fratello quarantenne, da una sorella sessantenne, Sigismonda, e dai tre figli: il su citato canonico Antonio, il trentenne Carlo coniugato con Felicia Anania, anch’essa trentenne, e il suddiacono Carmine, ventiquattrenne.

Notizie anagrafiche su questo nutrito nucleo familiare sono fornite assai più tardi, nel 1786, in un carteggio della regia udienza di Catanzaro[13]: Vincenza de Diano, vedova di Tommaso Corapi di Cropani, promuoveva “gli atti di preambolo” per entrare in possesso dei beni familiari, asserendo che il 5 dicembre 1784 era morto il padre Carlo, mentre nel novembre 1753 era già deceduto l’avo Michele. Alle pretese di donna Vincenza fecero opposizione, però, il sacerdote Bruno Galati de Diano e Giuseppe Galati de Diano, ambedue di Belcastro, sostenendo che donna Vincenza tentava di appropriarsi di cespiti non di sua pertinenza.

Purtroppo non si hanno i fascicoli successivi per sapere come andò a finire la questione.

Dal 1757 al 1765 Pietro ebbe il cantorato della cattedrale[14] e morì nell’agosto 1768. Antonio, nel 1757, fu arciprete della cattedrale e morì nel 1773[15]. Un altro Antonio figura come nobile in un documento notarile, del 7 marzo 1757, sul quale si firma come teste[16].

Dai registri della Dataria apostolica si apprende che il canonico Antonio, fratello del magnifico Michele de Diano, era già morto prima del settembre 1773.

Alla famiglia de Diano non mancarono anche le false maldicenze e relative accuse.

Il sacerdote diocesano Carmine de Diano, commissario apostolico della nunziatura di Napoli, veniva accusato dall’arcidiacono della cattedrale di Belcastro Giuseppe Fragale di aver “menato e mena vita così licenziosa che è impossibile non risentirsene la coscienza di chi governa, per aver egli violata la castità del suo carattere sacerdotale con più monumenti vivi e perenni della sua licenza e  i suoi figli esistono”. 

Il 12 settembre 1767 il nunzio apostolico di Napoli, dopo accurate informazioni, riferiva al cardinale segretario di stato essere destituite da ogni fondamento e “prodotto di una particolare passione” le accuse mosse “da tal D. Giuseppe Arcidiacono Fragale, supposto Pro-Vicario Generale contro il sac. D. Carmine Diano, Commissario Apostolico della Nunziatura di quella Diocesi”.

Questa famiglia è estinta.

11 luglio 2003

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