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di Raffaele Piccolo

Giovan Battista Urso: BELCASTRESE DIMENTICATO

 

Lungo il corso dei secoli, Belcastro ha dato i natali a diversi personaggi che, o per i loro importanti  incarichi professionali o per il loro operato molto significativo, furono stimati e tenuti in alta considerazione, ma purtroppo non dai loro concittadini belcastresi. È il caso del beato Pietro, monaco francescano, vissuto tra i secoli XIV-XV, e fondatore del monastero di S. Maria delle Grazie di Mesoraca che in seguito mutò il nome in convento del SS. Ecce Homo. Molto stimato e onorato,  la sua fama oltrepassò i confini della Calabria e fu ritenuto in odore di santità (1). Oppure di Michele Petirro, vescovo di Termoli e poi di Pozzuoli (1689-1709) che con i suoi incitamenti  aiutò i termolesi a respingere l’assalto delle truppe austriache dell’arciduca Carlo (19 luglio 1703);  la cittadinanza di Termoli, grata anche per il suo operato nel sociale, gli dedicò una delle maggiori vie della città. O del barone Gerolamo Poerio (1722-1800) che fu il primo in Calabria ad innalzare l’albero della libertà, sacrificando il suo feudo e tutti i suoi averi. E così via.

Qui parleremo di un importante personaggio anch’esso “dimenticato” dalla cittadinanza belcastrese ma ben ricordato da quella palermitana oltre che da varie pubblicazioni storiche. Si tratta di Giovan Battista de Urso.  

Giovanni Fiore, nell’illustrare la vita dei calabresi, nel terzo tomo della sua opera, cita appunto  Giovan Battista d’Orso (2), fratello del più conosciuto e scrittore Lucio. La famiglia d’Orso (ma più propriamente, de Urso), citata in alcuni documenti belcastresi, fu una delle più antiche e ragguardevoli famiglie di Belcastro. Di essa le relazioni dei vescovi belcastresi ne parlano a sufficienza. Il più noto fu Lucio d’Orso, scrittore e valente segretario di cardinali e alte personalità del suo tempo (3). Giovan Battista nacque a Belcastro intorno al 1550 e, ancora molto giovane, nel 1570, si trasferì a Palermo, al servizio del Conservatore generale del patrimonio reale (4) che lo nominò suo assistente. È probabile che l’impiego di assistente sia stato caldeggiato dal fratello Lucio, buon scrittore e stimato segretario di molte personalità italiane. Giovan Battista si dimostrò subito un solerte assistente e divenne quasi subito segretario personale dello stesso Conservatore generale regio. Sebbene molto giovane, si procurò anche meriti, elogi e incarichi molto importanti. Infatti, nel 1590 fu incaricato dal viceré Juan Giovanni de Zuniga di provvedere al pagamento delle “soldatesche di piè e di cavallo” di tutto il regno. Alla morte del Conservatore generale del regno (1585), fu nominato luogotenente della carica. Durante la reggenza della conservatoria generale, la città di Palermo nell’estate del 1592 fu attanagliata da una forte carestia che provocò una grande penuria alimentare seguita dalla falcidia della peste con numerose vittime. Lo storico palermitano Gioacchino di Marzo, nei suoi Diari, scriveva che “morirono in questa città di Palermo 13 mila persone”(5). Giovan Battista d’Urso, per alleviare la popolazione affamata, fece arrivare a sue spese  da Napoli sette galee piene di grano che distribuì gratuitamente alla popolazione disperata, salvando molte vite umane. Il suo incarico di Conservatore generale durò 18 anni e, nel 1603, fu nominato razionale perpetuo di corte (6) con una provvigione annua di 366 scudi. Durante la sua lunga dimora al palazzo reale, contrasse amicizie importanti, quali quella con il duca di Terranova don Giovanni II d’Aragona e soprattutto con il fratello Ottavio, grande ammiraglio di Spagna e valoroso condottiero(7). Infatti, i due fratelli d’Aragona nominarono Giovan Battista governatore generale dei loro numerosi feudi e fu più volte incaricato dalla corte palermitana di ispezionare i castelli reali e di provvedere al mantenimento della flotta. Ma, più che ottantenne, si ritirò dalle cariche pubbliche e poco dopo, nel 1640, cessò di vivere. In memoria del suo operato, la municipalità di Palermo gli dedicò una via, tutt’ora esistente, denominata Cortile Urso. Bisogna rilevare che, sebbene Giovan Battista passò quasi tutta la sua vita lontano da Belcastro, egli non dimenticò il suo paese natio. Infatti, fu il più cospicuo finanziatore del “mons dei maritaggij”, istituito intorno al 1554 presso la chiesa della SS. Annunziata di Belcastro. Così scriveva in una sua relazione il vescovo di Belcastro Michele Angelo Gentile: “Fulgebat quoque in dicta Ecclesia Mons Puellaurm institutum a quondam Joanni Baptitista de Urso qui nonnulus determinatas Familias Bellicastri vocavit et predilixit assegnando singulis ducatos 75”(8).  Purtroppo, la municipalità belcatrese, al contrario dei cittadini di Palermo, non gli ha dedicato alcuna via o piazza, dimenticando un suo concittadino molto influente alla corte palermitana e, sebbene lontano, molto legato al suo paese natio. D’altra parte, non resta nel dimenticatoio soltanto Giovan Battista d’Orso, ma quasi tutti i cittadini belcastresi che si distinsero per il loro operato ma ricordati lontano dal loro paese natale. Ignoranza storica? Superficialità o, cosa molto grave, sterile invidia paesana? È proprio il caso di dire “nemo profeta in patria”!

 

 

 

Note

 

(1) Il  Wadding  nei suoi Annales Minorum, lo cita fra i beati della provincia calabra, vissuto come  uomo pio e modestissimo, “sanctitate praeclarus apud suos Calabros” (Roma, MDCCXXXIV, pagg. 201-202).

(2) G. FIORE, Della Calabria illustrata, (a cura di U. Nisticò), Soveria Mannelli, 2001,  t. III, pag. 115.

(3) Di Lucio d’Orso ci sono giunte le seguenti opere: Epistolas varias, Trani 1627; Orazione in lode di D. Nicolò Pellegrino, Trani 1627; Orazione funebre per D. Fabrizio Ruffo, Napoli 1628; Scigliano festante per lo ricupero della sua libertà, Madrid 1632 e Descrizione oculare e fedelissima del terremoto di Calabria, Napoli 1638, ripubblicato a Napoli nel 1640 con il titolo I terremoti delle Due Calaurie fedelissimamente descritti dal sig. Lutio d'Orsi di Belcastro come testimonio di veduta. Con l'aggiunta delle puntualissime e distinte relationi scritte dal regio sig. consegliere Hettorre Capecelatro all'Eccellentiss. Sig. Vicere del Regno dedicati all'Illustriss. D. Carlo Capecelatro duca di Seiano. Negli ultimi anni della sua vita fu chiamato anche dalla corte di Madrid.

(4) Il Conservatore del reale patrimonio svolgeva il ruolo di verifica degli atti del governo, prendendo in carico tutto ciò che concerneva il patrimonio regio e coordinava la complessa gestione delle attività fiscali.

(5) Gioacchino di Marzo, Diari della città di Palermo dal secolo XVI al XIX, Palermo MDCCCLXIX, vol. I, p. 131.

(6) Il Razionale era il detentore dei libri contabili del regno con il compito di tenere bilanciati e riscontrati i conti delle entrate e uscite del patrimonio reale. La carica era quinquennale e, per la sua importanza e delicatezza, non era rinnovabile. Per Giovan Battista, evidentemente, si fece una eccezione facendo ricorso all’espediente della reggenza, dato che il suo incarico durò ben 18 anni.

(7) Ottavio fu viceré di Sicilia per ben due mandati, dal 1556 al 1568 e dal 1571 al 1577. Nel 1581 fu nominato Viceré di Catalogna, per poi trasferirsi a Milano ove fu Governatore del Ducato dal 1583 al 1592. Dimessosi dall'incarico tornò a Palermo ove morì nel 1599.

(8) ASV, SCC, Relationes ad limina, Belcastro, a. 1727.

 

2 Febbraio 2013

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