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di Raffaele Piccolo

 

TURISMO E TOPONOMASTICA A BELCASTRO

L’attuale Amministrazione Comunale, fra i punti fondamentali del suo programma politico, ha inserito anche lo sviluppo turistico del paese e ciò è molto importante perché il turismo è una fonte (se non l’unica) della quale si può giovare un’intera cittadinanza  - o per lo meno la stragrande maggioranza -  anziché pochi gruppi di persone. Quindi, attirare a Belcastro le masse dei turisti che ogni anno affollano le sottostanti spiagge del litorale ionico significa incrementare l’economia generale del paese (vedi Cropani paese e soprattutto S. Severina).

È ovvio che la realizzazione di una programmazione turistica ex novo in un luogo, come Belcastro, dove l’impiantistica turistica è strutturalmente inesistente, oltre a richiedere volontà (soprattutto!), idee, progettazione e realizzazione, ha bisogno anche e specialmente di parecchio tempo.

Ma quale turismo è possibile a Belcastro? Non essendo paese di mare o di alta montagna, l’unico tipo di turismo che si può sviluppare a Belcastro è quello, come il Sindaco stesso ha scritto su questo sito, della “promozione della cultura (Città d'Arte) mediante il rilancio del patrimonio storico-artistico-monumentale, la salvaguardia dell'Ambiente e l'investimento turistico”.

E giustamente, per la realizzazione di tale programma il paese ha tutte le potenzialità che necessitano all’attuazione di quanto appena detto che, a differenza di altri paesi  - i quali, però, pur non avendole (vedi Cropani paese), se li sono create -,  devono soltanto essere sviluppate e concretizzate.

Lungi dal voler fare l’apologia di Belcastro, è bene ricordare che esso fino ad un quarantennio fa, rispetto agli altri centri del circondario, si è sempre trovato in una posizione di preminenza sia sul piano economico sia su quello sociale sia soprattutto su quello intellettuale: economicamente, per la sua estensione territoriale, ha prodotto di più; socialmente, gli abitanti di Belcastro erano mentalmente più “aperti”; intellettualmente ha “sfornato” diplomati e laureati più degli altri paesi. Dagli anni Sessanta in poi, probabilmente a causa della forte emigrazione (oltre 2.000 persone), e quindi della “fuga” della sua classe dirigente, dopo un breve periodo di stasi, ha iniziato la sua fase discendente, incominciando a perdere quelle peculiarità propulsive che gli avevano permesso uno stato di prevalenza, fino a ridursi, attualmente, ad un paese  - diciamolo pure -  agonizzante.

E, se proprio vogliamo dirla tutta, le ragioni di questa critica situazione (vera e propria crisi socio-economica) non sono da addebitare soltanto all’emigrazione, ma anche e soprattutto alla  crisi politica che lo ha attanagliato in quest’ultimo trentennio, provocandogli di riflesso una profonda crisi socio-economica che ha cristallizzato tutto il vivere quotidiano dei suoi cittadini.

Il paese si è trovato, specie in quest’ultimo ventennio, come compresso in una cappa di piombo che ha immobilizzato ogni sua spinta in avanti, facendolo regredire rispetto agli altri centri della zona.

Nonostante ciò, Belcastro possiede diverse potenzialità che, se adeguatamente e saggiamente sviluppate e realizzate, annullerebbero non solo il gap che si è determinato con gli altri paesi, ma li sopravanzerebbe nuovamente perché il suo patrimonio storico-artistico e monumentale è unico nella zona.

Infatti, volendo fare il paragone con Cropani o con S. Severina, le possibilità pendono tutte a favore di Belcastro: come beni artistici e monumentali Cropani vanta alcune tele seicentesce la chiesa Collegiata; mentre quelli di S. Severina sono il castello, il battistero ed altre chiese di minore importanza.

È pacifico che il castello di S. Severina è molto attraente perché è uno dei pochi della regione che è rimasto intatto e, quindi, la sua bellezza costituisce proprio in questo, oltre che essere fruibile per altri scopi: mostre, spettacoli, conferenze, ecc.. Il castello di Belcastro, pur non essendo intatto, è ugualmente bello per la sua collocazione nell’alto del paese che gli conferisce la conformazione della rocca medievale vera e propria, cosa che non ha quello di S. Severina. E proprio la sua altezza preminente e la forma dei suoi ruderi gli danno anche un tocco di “medievalità” romantica che pochi castelli calabresi hanno: restaurato a fini di fruibilità, il suo largo spiazzo potrebbe servire alle più svariate manifestazioni culturali, artistiche, folcloristiche, ecc. La cattedrale di Belcastro, poi, nella sua semplicità, è certamente una delle più belle del circondario, compresa quella di S. Severina. C’è poi il palazzo Poerio  - che sarebbe più appropriato chiamarlo palazzo Sersale in quanto fu proprio un appartenente di questo casato (il duca Francesco Sersale) a farlo costruire -, la chiesa della Pietà e, infine, la chiesa dell’Annunziata che dovrebbe essere un altro fiore all’occhiello di Belcastro, in quanto lo stile del suo altare è unico in tutto il meridione da Napoli in giù. 

Come si vede, quindi, il paragone fra Cropani, S. Severina e Belcastro si risolverebbe tutto a favore di quest’ultimo.

Ma allora, perché questi due paesi, pur avendo meno edifici artistici di Belcastro, sono turisticamente molto più avanti di Belcastro?

Lo sono perché essi sono riusciti a creare un circuito socio-culturale-turistico che Belcastro non ha.

Parlando di Cropani (e tralasciando Cropani Marina), tanto per iniziare, l’Amministrazione comunale ha un proprio sito Internet, molto utile per i suoi concittadini, e dove è contenuta la programmazione politica (della quale ne consiglierei la lettura), una riserva naturale istituita sin dal 1977(!), un museo, iniziative artistiche e culturali varie (recentemente vi è stata la visita di Vittorio Sgarbi) e ben sei associazioni culturali e circoli ricreativi (!) che movimentano non poco tutta l’attività sociale, culturale e artistica di Cropani dalla quale, poi, ne scaturisce tutto un processo formativo (e quindi accrescitivo) per gli abitanti di Cropani. Per non parlare, poi, dell’istituzione del GAL e tutte le sue iniziative connesse (fra cui anche un’iniziativa PIT), che certamente è derivato, appunto, da tutto questo processo socio-culturale. 

Inoltre sono state realizzate tante altre attività (vedi, banca, giornale, ecc.) delle quali ci si dilungherebbe molto a parlarne.

Anche S. Severina, attorno al suo patrimonio monumentale, ha creato un circuito sociale, culturale e artistico che ha cambiato la vita del paese. Anch’essa ha privilegiato l’indirizzo della città d’arte, sviluppando attorno ad esso una serie di iniziative (due musei, mostre periodiche, manifestazioni artistiche, ed altre cose ancora) che hanno veramente lanciato questa cittadina nel circuito turistico.

Ma non è tutto qui. È ovvio che tutte queste iniziative hanno anche una ricaduta economica per il paese: Cropani, con la possibilità dei contributi della Comunità Europea, cambierà certamente volto, oltre ad aumentare i posti di lavoro; mentre a  S. Severina viene spontaneo sedersi in uno dei bar e bere una bibita o un caffè e, alla fine della visita, consumare un pasto nei ristoranti agrituristici del paese.

Tutto ciò è “progresso” ed il progresso, si sa, produce lavoro, cioè, economia.

E mentre questi due paesi si “attrezzavano” a diventare quello che adesso sono, a Belcastro cosa si è fatto? Preferisco non rispondere, limitandomi a dire che tutti i restauri che sono stati fatti a Belcastro, senza distinzione, sono stati fatti senza alcuna cognizione o programmazione: sono stati dei rozzi rattoppi! 

Comunque, lungi da me dall’atteggiarmi a moralizzatore (il mio potrebbe essere un “lamento” di un belcastrese che evidentemente vuol bene al proprio paese, come del resto tutti quelli che sono lontani) e ritornando al rilancio del patrimonio storico-artistico-monumentale, penso che se non si incomincia ad intraprendere una qualsiasi iniziativa in proposito, essa mai si realizzerà e quindi i progetti rimarranno sempre nel classico cassetto dei sogni.

economiche. 

Accanto ai grandi progetti, che abbisognano di una certa programmazione e di un certo tempo (vedi quelli ultimi), vi sono anche quelli piccoli che necessitano soltanto di volontà e prontezza e che, soprattutto, hanno la funzione di  essere i primi gradini della scala della progettazione turistica, senza i quali non si può iniziare a salire.

Uno di questi “gradini” (che non richiedono grandi opere o finanziamenti) è il rinnovamento della toponomastica che, proprio in funzione di questo sviluppo turistico, dovrebbe tenere conto della sua peculiarità: cioè, dare alla nuova toponomastica un “taglio” turistico, riferito, però, alle caratteristiche del paese, oltre che ai suoi personaggi.

 L’impostazione turistica di Belcastro è quella del tipico centro medievale  - cioè basata sull’indirizzo, storico-didattico-culturale -  per cui l’intitolazione di vie con nomi attuali (tipo, ad es., Piazza Unione Europea, Via Borsellino, Piazza Roma, via XXIV Maggio e via dicendo) è completamente fuori luogo (senza voler togliere il loro alto valore).

Ogni città ha intitolato le sue strade e le sue piazze, prima, con i nomi dei suoi concittadini che si sono distinti e, poi, prendendo a prestito i nomi di altri personaggi o avvenimenti famosi.

A Belcastro, se si eccettuano i nomi di San Tommaso, Giuseppe Poerio, Lucio d’Orso e Leon Cavallo - se la memoria non mi inganna -  non ci sono altre titolazioni in merito, anche se di personaggi degni di essere  ricordati ve ne sono altri, come ad esempio Monsignor Michele Petirro che fu, prima, vescovo emerito di Termoli   - dove una delle più importanti vie della città è a lui dedicata -  e, poi, vescovo di Pozzuoli nella cui curia vescovile troneggia una grande tela a suo ricordo! Un altro concittadino che ha dato il nome ad una via di Palermo fu un fratello di Lucio d’Orso (o comunque parente, dato che furono contemporanei) il quale, al pari dello scrittore belcastrese, assurse a grande fama nel capoluogo siciliano: mi riferisco a Giovan Battista d’Orso, citato anche nella Calabria Illustrata di G. Fiore (il d’Orso, trasferitosi a Palermo, divenne uno dei più rappresentativi personaggi di quella città dove, per i suoi meriti, la cittadinanza gli ha dedicato una via).

Rattrista non poco che questi due cittadini belcastresi siano ricordati in due città così lontane dalla loro patria e non a Belcastro!

Ma vi sono ancora altri personaggi che, nelle loro epoche, divennero illustri, come il “beato Pietro”, anche lui citato dal Fiore, oltre che dagli Annali dell’ordine dei Minori e dal Martirologio francescano, la cui venerazione varcò i confini di tutto il circondario belcastrese (Ministro provinciale della Calabria, fondò nella vicina Mesoraca il monastero di s. Maria delle Grazie, che in seguito mutò il nome in SS. Ecce Homo).

E poi, perché non ricordare anche quei personaggi che segnarono la vita del paese come il barone Alfonso Poerio che piantò l’albero della libertà e per il quale perse tutti i suoi beni? E ancora il duca Francesco Sersale che, oltre ad essere il costruttore del più grande e rappresentativo edificio di Belcastro (impropriamente detto palazzo Poerio o Cirillo), fu l’artefice della ricostruzione del paese in seguito alla distruzione dei terremoti del 1632 e 1645?

Inoltre, Belcastro ha sempre vantato i natali di s. Tommaso; ed allora perché non ricordare i suoi genitori Landolfo D’Aquino e Teodora Caracciolo, o il vescovo Bernardo che, oltre a tenere a battesimo s. Tommaso, fu prelato stimato dal papa  che gli affidò incarichi delicati?; e ancora, il barone Adenolfo d'Aquino (nipote di s. Tommaso) che fu consigliere del re di Napoli Carlo I d’Angiò? O di suo fratello il conte Tommaso d’Aquino che, oltre a mutare radicalmente il volto edilizio (e il nome) di Belcastro, fu amico intimo e consigliere del re Roberto d’Angiò? La città di Catanzaro ha rinnovato diverse vie (Via Contessa Clemenza, già Contrada Siciliani; Via Conti Falluc, già Via Fiumara Santa Maria; e così Via Conti di Loritello, Viale dei Normanni, Via Carlo V, ecc.); e allora perché non dovrebbe farlo Belcastro, dal momento che si vuole dare un volto turistico-storico? Ad es. l’anonima Salita Castello potrebbe essere mutata in Via dei Conti d'Aquino, Via Vescovado potrebbe essere intitolata Via Monsignor Giovanni Emblaviti, il vescovo che la costruì e che riedificò anche il seminario, il palazzo vescovile e la cattedrale distrutti dal terremoto e, quindi, distintosi in quest’opera meritoria di ricostruzione edilizia di edifici così importanti? O intitolare una via anche al re Alfonso I d’Aragona che, seppure per motivi militari, soggiornò alcuni giorni a Belcastro (Carlo V fu a Catanzaro un solo giorno!). Perché non avere anche noi una Via dei Normanni, dato che fu proprio Ruggero I d’Altavilla a fondare il feudo di Belcastro; oppure una strada intitolata alla contessa Simonetta Colonna (celeberrima famiglia della nobiltà romana), nipote del papa Martino V e feudataria di Belcastro e finanziatrice della prima chiesa dell’Annunziata, oltre che donatrice di molti beni alla mensa vescovile belcastrese? Oppure Via conte Gian Jacopo Trivulzio che, oltre ad essere comandante in capo delle truppe aragonesi ed il condottiero più famoso d’Europa dei suoi tempi, sollevò Belcastro (del quale era conte) da una profonda crisi economica? Perché non intitolare una strada al Marchese Antonio Centelles a cui i belcastresi furono talmente legati da seguirlo ciecamente perfino in tre rovinose rivolte?

Questi personaggi ed altri ancora, nel loro tempo, furono tutti famosi e si posero all’attenzione dei loro contemporanei e, quindi, non furono persone qualsiasi; per cui intitolare loro una via o una piazza non è per nulla scandaloso, anzi, ciò sarebbe motivo di conoscenza e riscoperta di coloro che fecero la storia di Belcastro.

Ovviamente i nomi “classici” di alcune vie (Caria, Sanità, Castellaci, Fornara, Sala, Murate, Grecìa, S. Nicola, ecc.) sono da confermare proprio perché hanno un significato storico, legato alle vicende del paese; ma altri non hanno più alcun senso, come ad es. Piazzetta Margherita, Via Oberdan, ecc. (pur se riferiti a fatti e personaggi illustri, ma non strettamente pertinenti al taglio turistico-storico-didattico che si vuole dare al paese).

Penso che la proposta del rinnovamento toponomastico non sia una realizzazione molto onerosa e, quindi, proprio dalle cose piccole e fattibili, come questa, si può misurare la volontà o meno di una classe politica dirigenziale. Compito di questa Amministrazione, quindi, è quello di ridare a Belcastro la vitalità che lo ha sempre contraddistinto nel corso della storia e rimetterlo in carreggiata il più presto possibile, incominciando dalle piccole cose, come la nuova toponomastica e la conservazione (almeno quella!) se non il restauro dell’affresco di s. Nicola.

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