1731: la lite fra
il vescovo Giovan Battista Capuano e i fratelli Jazzolino nel giorno del Corpus
Domini
Il primo accadimento riguarda il verificarsi di
un fatto molto increscioso che, oltre ad investire la popolazione belcastrese,
interessò anche la corte napoletana e la curia papale.
Tale fatto si verificò nel 1731 e riguardò monsignor Giovan Battista Capuano,
nominato vescovo di Belcastro dal1729 al 1751, e la famiglia gentilizia
belcastrese Jazzolini.
Nel 1731 il vescovo aveva fatto arrestare un chierico di questa famiglia, dei
cui motivi se ne ignorano le cause.
Due fratelli Jazzolini ne reclamavano la
scarcerazione, per la quale monsignor Capuani si dimostrava nettamente
contrario. I due fratelli, durante la processione del Corpus Domini di
quell'anno, affrontarono il vescovo minacciandolo pubblicamente con la pistola
in pugno. Il religioso, che portava l'ostensorio in processione, con prontezza
di spirito alzò l'oggetto sacro al cielo in segno di punizione divina ed i due
fratelli, forse intimoriti, si diedero alla fuga.
Dell'accaduto, monsignor Capuani ne informò il Nunzio di Napoli che girò la
notizia al Segretario di Stato in tre distinte lettere.
Nella prima, datata 21 aprile 1731, così scriveva: "Sulla notizia che mi diede
Mons. di Belcastro di un insulto che gli era stato fatto impertinentemente con
la Pistola alla mano da due persone laicali che pretendevano l'esimersi dalle
carceri vescovili un loro fratello chierico, io ne feci l'altra sera una forte
rimostranza al Sign. Viceré, a cui consegnai anche una lettera che gli scriveva
su di questo proposito Mons. Vescovo, implorando la sua autorità ad un condegno
ed esemplare castigo dei suddetti laici. Ne udì S. Ecc. con orrore il successo e
mi promise che ne avrebbe subito commessa l'informazione giudiziale per poter
poi punire la temerarietà dei delinquenti con tutto rigore di giustizia".
La seconda lettera del Nunzio è del 22 maggio 1731:
"Per non perdere di mira il gravissimo attentato commesse da due persone laiche
di casa Jazzolini contro Mons. Vescovo di Belcastro, con essersi avanzate ad
insultarlo con le armi alla mano, ho rinnovato le mie premure al Sig. Viceré per
la informazione da prendere contro di esse, e S. Ecc.za mi ha assicurato di
averne già commessa l'informazione giudiziale alla R. Udienza di Catanzaro. Lo
stesso avviso mi venne confermato dal medesimo Mons. di Belcastro, onde può
sperarsi che si veda un esemplar castigo in sì enorme delitto".
L'ultima lettera è del 4 settembre dello stesso anno, dalla quale si evince che
i due fratelli Jazzolino non erano stati ancora arrestati e, quindi, il Nunzio
pretendeva la giusta punizione.
Riferiva, infatti, che monsignor Capuani gli aveva fatto presente che nonostante
l'ordine di carcerazione dei fratelli Jazzolini per l'attentato alla sua
persona, i due erano ancora liberi e che uno di essi era ritornato "in patria
più baldanzoso di prima" perché spalleggiato dal barone di Belcastro Alfonso
Poerio. Informava anche che il vescovo, per non esporsi a nuovi pericoli, si era
trasferito ad Andali. Il Nunzio concludeva dicendo che aveva informato il viceré
affiche facesse osservare gli ordini di carcerazione.
Come le cose siano andate a finire non ci è dato sapere, anche se una ricerca
approfondita presso l'Archivio di Stato di Catanzaro potrebbe rivelarci qualche
schiarita. Certo è che il vescovo Capuani continuò ad esercitare il suo ufficio
pastorale fino al 1751 e, quindi, è probabile che i due fratelli Jazzolini
dovettero scontare la loro condanna.
19 giugno 2003
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