IL CASTELLO DI
BELCASTRO
di Raffaele Piccolo
Tra il 1073 e il 1074,
mentre il duca di Puglia e Calabria Roberto d’Altavilla
era intento con suo fratello Ruggero ad assediare
Palermo dove si erano rinchiuse le ultime truppe
saracene, il loro giovane nipote Abelardo,
signore di Santa Severina, si era ribellato. Il duca
corse a Santa Severina e mise sotto assedio il
nipote che si era asserragliato nella città ribelle.
Le cronache riferiscono che prevedendo un lungo
assedio e ritenendo più importante l’assedio di
Palermo, il duca Roberto lasciò al comando degli
assedianti il cavaliere normanno Hugo de Faloch,
italianizzato poi in Ugo Fallucca
e fece ritorno nel capoluogo siciliano. Al contempo
incaricò il Fallucca di ”rinforzare” tre castelli
con il compito di bloccare gli eventuali movimenti
di Abelardo. Un castello fu affidato allo stesso Ugo
Fallucca, un altro a Rinaldo di Simula ed il terzo a
Erberto, fratello di Ugo, e a Tostino il Bardo,
fratello di Rinaldo.
L’identificazione delle località non è specificata,
se non di una: Rocca Fallucca che si trova fra
Tiriolo e Settingiano, nelle immediate vicinanze di
Rocca de Cathantiaco (Catanzaro). Le altre
due località non sono menzionate; però, dato che la
loro funzione era quella di sorvegliare e fungere da
blocco militare intorno a Santa Severina, esse
dovevano essere necessariamente nei dintorni della
città assediata. In quell’epoca, i luoghi con difese
murarie, vicini a Santa Severina, erano i due
castelli bizantini di Capo Tacina (Roccabernarda)
e di Belcastro, per cui solo queste due località
avrebbero potuto contrastare le eventuali azioni di
Abelardo: il castello di Capo Tacina, oltre a
controllare da molto vicino le mosse del giovane
ribelle, poteva subito intervenire a sbarrare la
strada in direzione della Puglia sempre in fermento
e insofferente versoi due fratelli Altavilla. Quello
di Belcastro, situato fra Santa Severina e Rocca
Fallucca, oltre ad essere punto di collegamento con
quest’ultima località dove risiedeva Ugo Fallucca,
impediva eventuali movimenti verso sud, dato che la
strada passava proprio nella sottostante vallata.
Conseguentemente, i due castelli non menzionati
dalle fonti dovevano essere necessariamente, l'uno,
Capo Tacina, adesso completamente distrutto ma più
volte citato dalle cronache fino al 1444
e, l'altro, Belcastro, tutt’ora esistente. Per
quanto riguarda il castello di Belcastro. Il
Malaterra non scrive che il duca Roberto dispose di
costruire ma di rafforzare (firmavit) i tre
castelli e ciò conferma la nostra tesi perché le
località incastellate vicino a Santa Severina erano
soltanto Crotone, Roccabernarda e Belcastro. Ma
l’attuale castello di Belcastro non è sul colle
Timpe, ma sul colle prospiciente. Ciò significa
che Ruggero, ritenendo poco difendibile il vecchio e
piccolo
Castellaccio,
dispose di rafforzarlo con la costruzione di una
nuova torre sul colle di fronte. E in effetti, la
torre si presenta secondo l’impostazione
architettonica delle edificazioni militari normanne.
Il corpo di fabbrica, infatti, ricalca un
quadrilatero perfettamente adattato alla natura del
luogo, con mura perimetrali robuste e possenti. La
sua altezza è di m. 12 e le sue mura hanno uno
spessore di m. 1,80. Era circondata esternamente da
una cinta muraria con un piccolo ponte levatoio che
la univa al resto del terreno. La superficie interna
dell’edificio è di 32 m2 per ogni
piano. Alla base della torre vi era un seminterrato
con una superficie di 32 metri quadrati e
un’altezza metri 1,80 che serviva come magazzino
per le derrate alimentari in caso di ultima difesa.
In un angolo di questo sotterraneo si trova una
cisterna rettangolare per la raccolta dell’acqua
piovana lunga m. 5,60 e larga 3,20 e m. 1,50 di
altezza. Il primo piano era costituto da una grande
sala di 32 mq e serviva sia come sala di ricevimento
sia per le necessità quotidiane e culinarie.
Infatti, addossato alla parete sud dell’edificio, si
intravede parte dell’incavo della canna fumaria del
grande camino che serviva anche al riscaldamento
dell’ambiente. Il secondo piano era adibito alla
zona notte del feudatario o del governatore. Dalle
finestre sui quattro muri, possiamo dedurre che le
stanze da letto erano almeno quattro ed erano
separate da pareti ‘ntirilettate, costituite
cioè da un doppio strato di canne verticali
amalgamate con l’argilla e imbiancate con la calce.
Una scala interna in legno conduceva al tetto della
torre. Come si è detto prima, una prima entrata
della torre era il ponte levatoio che immetteva in
un piccolo spiazzo. Seguiva, poi, una scala esterna
in legno che si congiungeva ad un’altra scala in
muratura alta circa m. 2,30, addossata alla parete
del castello. Su questa scala in muratura, poggiava
una rampa di scala in legno che immetteva al primo
piano e che, in caso di assedio, veniva rimossa per
eliminare ogni possibilità di accesso all’interno
della torre. Una seconda rampa in legno conduceva al
secondo piano dell’edificio. È presumibile anche che
un’altra scala interna, anch’essa in legno, partiva
dal primo piano e conduceva alla zona notte. In
seguito, intorno al 1330, il conte Tommaso II
d’Aquino utilizzando la torre normanna come mastio
centrale costruì il castello, circondando di mura
l’ampio spiazzo sottostante la torre normanna che
divenne il cortile del maniero intorno al quale
furono costruite le abitazioni, i depositi e le
stalle. Nel 1444, Antonio Centelles, marchese di
Crotone e signore di Belcastro e di altri feudi,
ampliò di più il castello costruendo una nuova cinta
muraria nel lato sud del mastio fino alla torre
mastra, inglobando fra le sue mura anche la
chiesa cattedrale. Così, da semplice torre normanna,
il castello di Belcastro divenne uno dei più grandi
e fortificati di tutta la Calabria. Ma il terremoto
del 1648 distrusse quasi completamente il castello
facendo cadere le sue possenti mura e riducendolo
allo stato attuale.
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7 febbraio 2013
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