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IL CASTELLO DI BELCASTRO

di Raffaele Piccolo

Tra il 1073 e il 1074, mentre il duca di Puglia e Calabria Roberto d’Altavilla era intento con suo fratello Ruggero ad assediare Palermo dove si erano rinchiuse le ultime truppe saracene, il loro giovane nipote Abelardo[1], signore di Santa Severina, si era ribellato. Il duca corse a Santa Severina e mise sotto assedio il nipote che si era asserragliato nella città ribelle. Le cronache riferiscono che prevedendo un lungo assedio e ritenendo più importante l’assedio di Palermo, il duca Roberto lasciò al comando degli assedianti il cavaliere normanno Hugo de Faloch, italianizzato poi in Ugo Fallucca[2] e fece ritorno nel capoluogo siciliano. Al contempo incaricò il Fallucca di ”rinforzare” tre castelli con il compito di bloccare gli eventuali movimenti di Abelardo. Un castello fu affidato allo stesso Ugo Fallucca, un altro a Rinaldo di Simula ed il terzo a Erberto, fratello di Ugo, e a Tostino il Bardo, fratello di Rinaldo[3]. L’identificazione delle località non è specificata, se non di una: Rocca Fallucca che si trova fra Tiriolo e Settingiano, nelle immediate vicinanze di Rocca de Cathantiaco (Catanzaro). Le altre due località non sono menzionate; però, dato che la loro funzione era quella di sorvegliare e fungere da blocco militare intorno a Santa Severina, esse dovevano essere necessariamente nei dintorni della città assediata. In quell’epoca, i luoghi con difese murarie, vicini a Santa Severina, erano i due castelli bizantini di Capo Tacina (Roccabernarda) e di Belcastro, per cui solo queste due località avrebbero potuto contrastare le eventuali azioni di Abelardo: il castello di Capo Tacina, oltre a controllare da molto vicino le mosse del giovane ribelle, poteva subito intervenire a sbarrare la strada in direzione della Puglia sempre in fermento e insofferente versoi due fratelli Altavilla. Quello di Belcastro, situato fra Santa Severina e Rocca Fallucca, oltre ad essere punto di collegamento con quest’ultima località dove risiedeva Ugo Fallucca, impediva eventuali movimenti verso sud, dato che la strada passava proprio nella sottostante vallata. Conseguentemente, i due castelli non menzionati dalle fonti dovevano essere necessariamente, l'uno, Capo Tacina, adesso completamente distrutto ma più volte citato dalle cronache fino al 1444[4] e, l'altro, Belcastro, tutt’ora esistente. Per quanto riguarda il castello di Belcastro. Il Malaterra non scrive che il duca Roberto dispose di costruire ma di rafforzare (firmavit) i tre castelli e ciò conferma la nostra tesi perché le località incastellate vicino a Santa Severina erano soltanto Crotone, Roccabernarda e Belcastro. Ma l’attuale castello di Belcastro non è sul colle Timpe, ma sul colle prospiciente. Ciò significa che Ruggero, ritenendo poco difendibile il vecchio e piccolo Castellaccio[5], dispose di rafforzarlo con la costruzione di una nuova torre sul colle di fronte. E in effetti, la torre si presenta secondo l’impostazione architettonica delle edificazioni militari normanne. Il corpo di fabbrica, infatti, ricalca un quadrilatero perfettamente adattato alla natura del luogo, con mura perimetrali robuste e possenti. La sua altezza è di m. 12 e le sue mura hanno uno spessore di m. 1,80. Era circondata esternamente da una cinta muraria con un piccolo ponte levatoio che la univa al resto del terreno. La superficie interna dell’edificio è di  32 m2  per ogni piano. Alla base della torre vi era un seminterrato con una superficie di 32 metri quadrati e un’altezza  metri 1,80 che serviva come magazzino per le derrate alimentari in caso di ultima difesa. In un angolo di questo sotterraneo si trova una cisterna rettangolare per la raccolta dell’acqua piovana lunga m. 5,60 e larga 3,20 e m. 1,50 di altezza. Il primo piano era costituto da una grande sala di 32 mq e serviva sia come sala di ricevimento sia per le necessità quotidiane e culinarie. Infatti, addossato alla parete sud dell’edificio, si intravede parte dell’incavo della canna fumaria del grande camino che serviva anche al riscaldamento dell’ambiente. Il secondo piano era adibito alla zona notte del feudatario o del governatore. Dalle finestre sui quattro muri, possiamo dedurre che le stanze da letto erano almeno quattro ed erano separate da pareti ‘ntirilettate, costituite cioè da un doppio strato di canne verticali amalgamate con l’argilla e imbiancate con la calce. Una scala interna in legno conduceva al tetto della torre. Come si è detto prima, una prima entrata della torre era il ponte levatoio che immetteva in un piccolo spiazzo. Seguiva, poi, una scala esterna in legno che si congiungeva ad un’altra scala in muratura alta circa m. 2,30, addossata alla parete del castello. Su questa scala in muratura, poggiava una rampa di scala in legno che immetteva al primo piano e che, in caso di assedio, veniva rimossa per eliminare ogni possibilità di accesso all’interno della torre. Una seconda rampa in legno conduceva al secondo piano dell’edificio. È presumibile anche che un’altra scala interna, anch’essa in legno, partiva dal primo piano e conduceva alla zona notte. In seguito, intorno al 1330, il conte Tommaso II d’Aquino utilizzando la torre normanna come mastio centrale costruì il castello, circondando di mura l’ampio spiazzo sottostante la torre normanna che divenne il cortile del maniero intorno al quale furono costruite le abitazioni, i depositi e le stalle. Nel 1444, Antonio Centelles, marchese di Crotone e signore di Belcastro e di altri feudi, ampliò di più il castello costruendo una nuova cinta muraria nel lato sud del mastio fino alla torre mastra, inglobando fra le sue mura anche la chiesa cattedrale. Così, da semplice torre normanna, il castello di Belcastro divenne uno dei più grandi e fortificati di tutta la Calabria. Ma il terremoto del 1648 distrusse quasi completamente il castello facendo cadere le sue possenti mura e riducendolo allo stato attuale.

 

[1] Era figlio di Umfredo che era stato conte di Puglia e fratello maggiore del Guiscardo.

[2] Il cognome fu italianizzato in Fallucca ed i suoi discendenti governarono fino al 1220, con alterna fortuna, la contea di Catanzaro che comprendeva anche Belcastro.

[3] G. MALATERRA, De rebus gestis Rogerii Calabriae et Siciliae comitis et Roberto Guiscardi ducis fratris eius, a cura di E. Pontieri, in: «Rerum Italicarum Scriptores» (RIS), Bologna, 1928, V, III, p. 59: “Porro dux …tria castella firmavit: unum Hugoni Falloc, alterum Rainaldo de Simula ad urbem infestandam delegavit, tertium autem Herberto, fratri Hugonis, et Tustinobardo, fratri dicti Rainaldi”.  

[4] Il castello di Capo Tacina, originariamente, era una fortificazione bizantina: molto probabilmente era faceva parte dell’antico limes di Santa Severina, all'epoca di Giustiniano I. Durante la prima rivolta del marchese di Crotone, Antonio Centelles (1444), si oppose strenuamente ad Alfonso I d’Aragona, ma dopo alcuni giorni i suoi difensori furono costretti a scendere a patti.

[5]  Il Castellaccio bizantino, ridotto ormai a rudere, non era un castello vero e proprio, ma un castello-recinto, al cui interno vi era una torre circolare di m. 6 d’altezza e m. 3 di diametro, per cui non costituiva una valida difesa contro un eventuale assalto. Infatti, quando nel 930 i belcastresi insorsero contro la guarnigione saracena, riuscirono a conquistare il piccolo castello in poche ore, giacché nella stessa giornata i saraceni fuggiaschi furono raggiunti alla  marina di Simeri. .

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7 febbraio 2013

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